Appunti olistici
Lo stesso principio si applica in molti altri ambiti della vita.
Un maestro di arti marziali non si limita a insegnare le mosse e le strategie del combattimento, ma trasmette disciplina, autocontrollo, rispetto e consapevolezza. All'inizio guida l'allievo nei movimenti, corregge la postura, lo aiuta a sviluppare forza e agilità. Ma sa che il vero guerriero non è quello che dipende dal maestro, bensì colui che, dopo aver appreso, diventa libero di affrontare la propria battaglia.
Un buon genitore, a sua volta, educa il figlio alla vita come un giardiniere che coltiva una pianta: non la forza a crescere secondo un modello rigido, ma la nutre, la protegge nei primi anni, le offre il terreno adatto per svilupparsi. E poi, quando è il momento, la lascia andare affinché trovi il proprio.
La famosa parabola zen, “Il maestro indica la luna, ma lo sciocco guarda il dito”, è un invito profondo alla saggezza. Il maestro, come figura guida, ha il compito di orientare l'allievo verso la verità, ma non è la sua persona o le sue parole a essere l'obiettivo. La luna è la verità, la consapevolezza, la realizzazione, mentre il dito è il mezzo per arrivarci, un simbolo che indica la via. Se l'allievo si concentra sul dito, perde di vista l'obiettivo più grande, rimanendo intrappolato in un'illusione di forma.
Il problema sorge quando alcuni "maestri di spiritualità" si comportano proprio come il dito, impedendo ai discepoli di guardare oltre. Questi maestri non solo distolgono l'attenzione dall'oggetto della ricerca, ma addirittura si ergono come punto di riferimento unico, creando un'illusione di infallibilità. In questo scenario, i discepoli sono costretti a guardare il dito, senza mai poter esplorare da soli la luna, il sole, le stelle e la terra. Si crea una dipendenza che limita la crescita individuale e il progresso spirituale, poiché l'allievo finisce per essere prigioniero di un'interpretazione soggettiva del maestro piuttosto che esplorare una verità universale. Un vero maestro non dovrebbe essere un oggetto di culto, ma piuttosto un veicolo attraverso cui il discepolo può vedere il mondo con occhi propri.
I riti, le iniziazioni e le esperienze spirituali collettive hanno un valore profondo, ma solo se spingono l'individuo verso una maggiore consapevolezza e comprensione di se stesso e del mondo. La spiritualità dovrebbe sempre mirare a rafforzare il potere personale, a rendere ogni individuo più consapevole del proprio cammino, capace di fare scelte che non siano solo per il proprio bene, ma per il benessere di tutti. Il potere personale non deve essere visto come una forma di dominio sugli altri, ma come una forza interiore che consente di contribuire in modo positivo alla collettività, alla natura.
Quando l'educazione spirituale, i riti e le pratiche collettive si concentrano solo sul maestro, sull'iniziazione formale e sulla ripetizione meccanica, l'allievo può ritrovarsi intrappolato in un sistema di credenze rigide che non gli consente di evolversi in modo autentico. La vera spiritualità, invece, si alimenta di libertà, sperimentazione e apertura. Deve permettere all'individuo di essere in contatto con il mondo, di esplorare la propria essenza, di vedere la luna, e di usare il proprio potere in modo consapevole e *responsabile ,
Ogni individuo possiede un potere unico, che si manifesta nelle proprie scelte, nelle proprie azioni e nell'impatto che ha sugli altri. Un vero maestro spirituale aiuta a riconoscere questo potere ea usarlo per elevare la propria consapevolezza e quella collettiva, per nutrire il benessere reciproco.
Non si tratta solo di acquisire conoscenza o potere, ma di comprendere come usarli in modo che ogni gesto, ogni decisione, ogni atto di vita abbia una vibrazione di amore, compassione, rispetto e responsabilità. La spiritualità, in questo senso, è un cammino di liberazione, non per rinunciare al proprio potere, ma per integrarlo in modo sano e equilibrato.
Ognuno di noi è sciamano, strega, Cristo, Buddha, Zorba il Greco, Emil il Blega o Freya la Biond
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