#HBProject #ProgettosulBenessere #TuttoeXaurito #ExPaoloPini
L'olistico negli ospedali, rete di solidarietà, aiuto e promozione su tecniche dolci per riacquistare benessere nel modo più integrato possibile.
Abbiamo presenziato per la seconda volta alla giornata del Festival #tuttoexaurito, tra chi é interessato a volersi bene e vuole conoscere praticando discipline e metodi dolci.
x info e prenotazione:
Automassaggio +39 339 5467 597 PierGiorgio Rapari
Bioenergetica +39 338 7337 286 Daniele Guainazzi
Reiki +39 333 3684 205 Marco Defendenti
Altre varie: associazione TerraLuna con Ester Bassetti
http://associazioneterraluna.jimdo.com/ cell. +39 366 3119 276
hashtag della Rete #HBProject #ProgettosulBenessere
Testo del Dossier di Pratiche olistiche all'interno di Ospedali:
Stare bene: nuove conferme scientifiche sull’efficacia della meditazione
La meditazione è stata ancora una volta correlata a un migliore stato di benessere, salute fisica e mentale.
Le persone che praticano la meditazione stanno bene: sia in salute fisica che mentale. Ma soprattutto meglio di chi non la pratica. Ecco quanto emerge chiaro in un nuovo studio condotto dall’Università di Sydney.
Sebbene l’area che ha mostrato maggiori e significative differenze nella promozione della salute fosse quella mentale, coloro che praticano la meditazione da almeno due anni sono stati trovati essere più in salute del 10 percento, rispetto al resto della popolazione generale. Questo è uno dei vantaggi evidenziati nell’articolo riportante i risultati dello studio pubblicato suEvidence-Based Complementary and Alternative Medicine (eCAM).
«Abbiamo scoperto che il profilo di salute e benessere delle persone che avevano meditato per almeno due anni era significativamente più alto nella maggior parte delle categorie salute e benessere rispetto alla popolazione australiana – spiega nel comunicato US il dottor Ramesh Manocha, psichiatra e principale autore dello studio – La parte maggiormente marcata è stata una forte correlazione tra la frequenza dello sperimentare il silenzio mentale e una migliore salute mentale. Questa definizione si basa su quella che è la forma di meditazione praticata per secoli».
Il professor Manocha, insieme ai colleghi Deborah Black e Leigh Wilson della Faculty of Health Sciences, ha basato lo studio sui dati inerenti alla salute della popolazione ricavati dal federal government's National Health and Wellbeing Survey. Per raffrontare ed esaminare gli effetti della meditazione, i ricercatori hanno coinvolto più di 350 persone provenienti da tutta l’Australia che avessero meditato per almeno due anni.
«Ci siamo concentrati sulla definizione di meditazione come quale silenzio mentale – aggiunge Manocha – e intervistato gli esercitanti la meditazione Sahaja Yoga che praticano una forma di meditazione finalizzata al raggiungimento di questo stato, piuttosto che il rilassamento o la mindfulness, metodi che di solito sono oggetto di altre forme [di meditazione]».
Ai partecipanti, i ricercatori hanno domandato quante volte avessero sperimentato il “silenzio mentale”, almeno per qualche minuto.
Alla domanda, i meditatori hanno risposto che nel 52 percento dei casi hanno sperimentato il silenzio mentale per più volte al giorno; il 32 percento dei partecipanti invece ha dichiarato di averlo sperimentato da una a due volte al giorno.
«La nostra analisi ha mostrato rapporto molto piccolo su tutti tra la frequenza con cui la persona che meditava standosene fisicamente seduta e i punteggi di salute mentale. Tuttavia, il rapporto era chiaramente in relazione a quanto spesso essi hanno sperimentato lo stato di silenzio mentale – sottolinea Manocha – Il vantaggio per la salute sembra essere collegato a questo aspetto più di ogni altra caratteristica dello stile di vita meditativo. In altre parole, la qualità rispetto alla quantità».
Ecco dunque che non basta sedersi per “meditare” o atteggiarsi a tal guisa, ma è l’effettiva capacità di raggiungere il silenzio mentale – a mettere a tacere la cosiddetta “mente scimmia”, che non sta mai ferma.
«Mentre ci aspettavamo che ci sarebbero state alcune differenze tra i meditatori e la popolazione in generale non ci aspettavamo che i risultati fossero così pronunciati – continua il professor Manocha – Abbiamo ripetuto componenti di grandi dimensioni del sondaggio più volte per confermare i nostri risultati e abbiamo ottenuto gli stessi risultati».
«Questo è uno dei primi studi a valutare gli impatti a lungo termine della meditazione sulla salute e il benessere. Quando prendiamo l’evidenza di questo studio, insieme ai risultati di nostri altri studi clinici, creano forti presupposti per l’uso della meditazione come una strategia di prevenzione primaria, soprattutto in salute mentale», conclude Manocha.
Che dire di altro?
Fonte La Stampa: http://www.lastampa.it/2012/05/14/scienza/benessere/medicina-naturale/stare-bene-nuove-conferme-scientifiche-sull-efficacia-della-meditazione-BeTgR7B8IYLXhh319Z0DTN/pagina.html
La meditazione batte i farmaci
Basta un'ora per dimezzare il dolore
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience, lo zen ha un effetto analgesico. Durante l'esercizio della concentrazione "positiva", nel cervello si accendono alcune aree e se ne spengono delle altre in un'azione "combinata" che riduce la sofferenza anche del 40%
di ADELE SARNO
ROMA - Altro che analgesici: quando il dolore è troppo forte basta un'ora di meditazione. La capacità di concentrare la propria mente e liberarla dai pensieri negativi, infatti, avrebbe il potere di ridurre l'intensità del dolore fino al 40%. Non solo, abbasserebbe del 57% anche quella sensazione spiacevole che segue la sofferenza. Queste "certezze" sono il punto d'arrivo di uno studio, pubblicato sul Journal of Neuroscience, secondo il quale lo zen batte i farmaci perché è in grado di influenzare l'attività delle aree cerebrali che controllano lo stimolo doloroso, regolandone il grado di intensità. In altre parole, dicono i ricercatori del Wake Forest Baptist Medical Center di Winston-Salem (Usa), la meditazione ha il potere di "assopire" la corteccia somatosensoriale e di "svegliare" il cingolo anteriore, l'insula anteriore e la corteccia fronto-orbitale. Questa azione "combinata" sulle aree che governano la percezione del dolore ha un potere analgesico.
"L'effetto che abbiamo riscontrato è sorprendente - spiega Fadel Zeidan, autore dello studio - basti pensare che la morfina o altri antidolorifici riducono in media il dolore del 25%". Per testare gli effetti postivi della meditazione sul dolore, il team ha coinvolto 15 volontari. Tutti erano novizi dello zen. Per questo il campione è stato invitato a partecipare a un corso intensivo di una paricolare forma di meditazione, chiamata 'mindfullness'. Ogni lezione di "attenzione focalizzata" durava 20 minuti, durante gli incontri ai partecipanti si chiedeva di concentrare la mente sul respiro, di mandare via pensieri intrusivi ed emozioni negative.
Contemporaneamente gli studiosi, con un'apposita apparecchiatura sistemata sotto la gamba destra dei soggetti, generavano per cinque minuti un calore dolorifico, raggiungendo una temperatura di 49 gradi centigradi. Prima e dopo le lezioni, i ricercatori fotografavano ciò che accadeva nel cervello dei partecipanti grazie a una speciale risonanza magnetica, chiamata Arterial spin labelling. Questa particolare tecnica è in grado di rilevare, attraverso la mappatura del flusso sanguigno, l'intensita del dolore. Così registravano le reazioni dei partecipanti al dolore sia durante l'esercitazione sia mentre erano a riposo. E' emerso che la meditazione spegne il dolore riducendolo del 40%, con delle punte del 93% in alcuni volontari.
A livello cerebrale le scansioni hanno messo in evidenza una riduzione significativa dell'attività della corteccia somato-sensoriale, un'area fortemente coinvolta nella genesi della sensazione di dolore. Contemporaneamente si iperattivavano anche altre zone: il cingolo anteriore, l'insula anteriore e la corteccia fronto-orbitale. "Queste regioni cerebrali - dicono i ricercatori - plasmano il modo in cui il cervello costruisce l'esperienza del dolore a partire dai segnali nervosi provenienti dal corpo". Una delle ragioni per cui la meditazione può essere stata così efficace nel bloccare il dolore è che non agisce su una singola regione del cervello, ma a più livelli.
"Questo studio - dice Fadel Zeidan - mostra che la meditazione produce effetti realmente positivi sul cervello. E che quindi potrebbe garantire il controllo del dolore senza l'utilizzo di farmaci".
http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2011/04/05/news/la_meditazione_riduce_il_dolore_del_40_-14538436/
Scienza e Reiki
La principale azione terapeutica esercitata dal "Guaritore Rekista " proviene da una emissione di biofotoni cerebrali e dall'"onda informativa delle simil-alpha". La trasmissione elettromagnetica cerebrale del Reikista (poichè noi parliamo di Reiki) stimola per Biorisonanza l'attività cellulare cerebro-organica del ricevente nelle stesse frequenze. L'attività elettromagnetica del DNA - RNA dei neuroni cerebrali delle cellule alterate del ricevente viene riattivata dal Reikista con un'azione di Biorisonanza trasmessa per induzione.
La rigenerazione cellulare ottenuta si può finalmente documentare grazie ad apparecchi sensori di nuova generazione. Fino a qualche tempo fa si credeva che il cervello fosse solo una "massa pensante" e che le "guarigioni" fossero dovute ad un effetto placebo o ad un'azione suggestiva provocata dal Reikista o dal pranoterapeuta che trasmetteva "calore" dalle sue mani. I detrattori asserivano che, quando il Curatore "non sapeva guarire", era un ciarlatano ed il fluido "non esisteva". Quando l'ammalato "guariva" era invece quest'ultimo che si suggestionava da solo. Ovviamente ribadiamo il concetto che il GUARITORE non guarisce nessuno ma riequilibra così bene la persona da portarla, se la sua Anima è "pronta", alla sua autoguarigione.
Zimmerman, eminente studioso, si occupò, verso il 1998, di verificare cosa avviene mentre si praticano terapie energetiche come il Reiki: La ricerca rivelò che non solo le onde cerebrali del praticante e del ricevente si sincronizzavano nello stato alfha, caratteristico del rilassamento profondo, dell'analgesia e della meditazione, ma che pulsavano all’unisono con il campo magnetico terrestre: la "Risonanza Schuman" Durante i trattamenti, il campo biomagnetico dei Reikisti era almeno mille volte più esteso del normale e ciò non aveva alcuna relazione con la corrente del corpo interno.
Zimmerman e Seto approfondirono ulteriormente lo studio dell'ampio campo biomagnetico pulsante emesso dalle mani di praticanti di metodi di trasmissione energetica come il reiki, mentre lavoravano. Essi scoprirono che le pulsazioni vibravano alle stesse frequenze delle onde cerebrali, in un intervallo compreso tra 0,3 e 30 Hz, con maggiore densità tra 7 e 8 Hz, nello stato ALPHA. Ricerche mediche indipendenti hanno dimostrato che in questo intervallo di frequenze, le capacità di autoguarigione del corpo sono fortemente stimolate e che specifiche frequenze possono essere utilizzate per rigenerare i diversi tessuti. Ad esempio, 2 Hz per la rigenerazione dei nervi, 7 Hz per la crescita ossea, 10 Hz per la guarigione dei legamenti e 15 Hz per la formazione dei capillari.
I macchinari per la fisioterapia, basati su questi principi, sono stati creati per favorire la rigenerazione dei tessuti molli e la tecnologia ad ultrasuoni è comunemente usata per pulire arterie intasate e disintegrare calcoli renali. Inoltre, da anni, si sa che piazzare una bobina elettrica attorno ad una frattura che non si ricompone aiuta l'osso a crescere e a rigenerarsi.
Lo stesso effetto si rispecchia nella persona che riceve un trattamento reiki e Dott. Becker ritiene che sia questo effetto, più di ogni altro che regola la rigenerazione dalle ferite e il riequilibrio dell'intero sistema. Ciò evidenzia una delle caratteristiche speciali del Reiki (e terapie simili) che lo rendono particolarmente efficiente, vale a dire il fatto che sia il praticante che il ricevente beneficiano del trattamento. Il Dott.Becker spiega come le onde cerebrali non siano confinate al cervello ma viaggino in tutto il corpo attraverso il sistema perineurale, costituito dalle guaine dei tessuti connettivi che circondano tutti i nervi. Nel corso di un trattamento, queste onde iniziano come pulsazioni relativamente deboli nel talamo del cervello del praticante e accumulano forza mentre fluiscono ai nervi periferici del corpo, incluse le mani. È interessante notare che il Dott. Becker basò il proprio studio su un campione di soggetti di diverse culture e indipendentemente dai loro sistemi di credenze o usanze e tutti i test portarono ai medesimi risultati.
Una parte della crescente popolarità del Reiki, anche fra gli studiosi, sta nel fatto che non impone un set di credenze e può essere liberamente utilizzato da persone di ogni cultura, formazione e fede; inoltre è ormai comprovata la sua efficacia nel rilassamento e in analgesia. Questa efficacia associata alla neutralità lo rende particolarmente appropriato anche per l'uso in ambito medico come già succede anche in Italia, tipo l'OSPEDALE SAN RAFFAELE di Milano, alcune ASL della toscana e dell'Umbria etc. In molti ospedali del mondo e' stato dimostrato come il Reiki sia efficace nelle terapie del dolore, nell'assistenza pre e post operatoria, durante i trattamenti chemio e radioterapici del malato oncologico. E' stato dimostrato come lo stato di rilassamento mentale che un ciclo di Reiki produce dura per piu' settimane ed e' in grado di alleviare sintomi fisici quali dispnea, astenia nausea e stati psichici quali ansia, insonnia, depressione.
http://www.guarigione-reiki.biz/p/la-scienza-spiega-gli-effetti-del-reiki.html?m=1
http://www.reikimaestrousui.it/medicina_ufficiale_e_reiki.php
Approfondimenti sul Reiki e sul suo utilizzo all'interno delle strutture sanitarie pubbliche e private
Non si può parlare di Reiki senza parlare di profonda spiritualità, legata al percorso dellaRicerca del Sè in quanto lo Spirito di per sé è la realtà suprema nel suo aspetto trascendente, assoluto e privo di ogni limitazione, che a seconda della consapevolezza, si avvicina a chi ne richiede la presenza. Il Reiki in questa prospettiva, è un modo con cui l'essere umano si avvicina allo Spirito attraverso un'iniziazione data da un Master Reiki, il quale seguendo passo passo l'evoluzione del reikista emergente, lo indirizza verso il proprio percorso nella Ricerca del Sè attraverso l'attivazione di vari livelli (generalmente tre, ma c'è chi ritiene che vi debba essere anche un quarto passaggio per ottenere il Master). Non necessariamente questi livelli devono essere presi attraverso lo stesso Master, in quanto questo è un percorso soggettivo che sottostà alle esigenze del reikista e quindi soggetto alla sua stessa evoluzione. Io stessa i primi due livelli li ho presi attraverso due differenti Master Reiki, e se ancora non ho preso il Master, è solo perchè non ho incontrato un Master Reiki che ritengo sia per me idoneo per attivarmi il terzo livello e al Master. Essendo convinta che "ogni cosa a suo tempo ed ogni tempo per ogni cosa", non mi pongo neanche il problema più di tanto, in quanto sino ad ora ho avuto delle esperienze meravigliose con i primi due livelli, a cui ho dedicato e dedico tempo nella ricerca della vera comprensione di ciò che accade a me e alle persone durante i trattamenti.
E' importante sottolineare che le esperienze con il Reiki, non sono per tutti uguali, ed ho constatato di persona come per ciascun essere esso agisca li dove occorre, sia a livello fisico, psichico, emozionale e spirituale, questioni queste che tratterò in un'altro articolo dove descriverò le esperienze a cui ho preso parte durante i trattamenti. A scanso di equivoci, voglio precisare che le mie parole non vanno interpretate come se io stessi affermando che ho chissà quali poteri che manifesto durante i trattamenti Reiki, ne che tale pratica debba essere intesa in sostituzione della medicina ufficiale, ma bensì intrapresa in sinergia con le terapie mediche al fine di aumentare il potenziale di guarigione di chi soffre: a questo proposito più avanti troverete un elenco degli ospedali sparsi nel mondo in cui questa pratica è entrata a farne parte. Per una maggiore comprensione intanto spiego più nel dettaglio cosa si intende con il termine Reiki, rifacendomi al libro "Il Grande Manuale del Reiki" (U. Carmignani, A.Magnoni, S.Oggioni).
Spiegazione del simbolo a partire dall'alto dell'ideogramma
"L'ideogramma Reiki si può interpretare secondo differenti punti di vista. Una prima prospettiva lo vede come simbolo del Macrocosmo, ossia una dimensione universale assimilabile al Tao. Una seconda chiave di lettura lo vede come simbolo del Microcosmo, ossia la dimensione della natura e dell'uomo. Nel vuoto biancore, nello spazio eterno e infinito la prima pennellata, il primo segno simboleggia la nascita del Cielo, il Principio Creatore, l'Uno.
E' questa la Dimensione del Macrocosmo, la Creazione dell'Universo, del Tempo e dello Spazio, da parte di un Potere Soprannaturale.
In questo Cielo si muovono le nebulose, le galassie, ma anche le nuvole, le stagioni, le esistenze, le emozioni, non pensieri, gli stati d'animo. Dall'Uno nasce il Due, la polarità, l'aspetto duale della Luce e della Realtà.
Un tratto centrale, verticale, l'Energia creatrice, lo Spirito aleggia sulle acque. Nel Microcosmo il lento addentrarsi di nubi origina la pioggia, un tuono, forse un lampo e l'energia del Cielo discende sulla terra in forma di piccole gocce di acqua.
Il Due si manifesta come il Tre. Lo Spirito scende sulla materia, la permea di sé, la pervade e la anima. E giù sulla terra, tre bocche (il Tre, ossia la Vita) si aprono per ricevere la poggia, corolle di fiori, campi riarsi, bocche di uomini stupiti, bocche di animali assetati, bocche parlano al cielo per ringraziare Dio dei doni dello Spirito, bocche si aprono alla preghiera.
L'ultima parte dell'ideogramma Rei rappresenta uomini e donne posti tra Cielo e Terra, per essere tramiti e partecipi attraverso la loro vita. Uomini e Donne vivono, danzano, pregano, ringraziano, costruiscono un tempio, il tempio del corpo e dell'esistenza. la Vita genera l'Uomo, la Donna e i Diecimila Esseri.
Tao, infinito, vuoto, Dio, Energia, Cielo, Nuvole, Pioggia, Uomini e Donne, Esseri Viventi...L'ideogramma REI è completato, l'immagine evoca un Macrocosmo permeato di forza creatrice e nello stesso tempo, come un dipinto, un microcosmo di creatur che attendono lapioggia come la più grande delle benedizioni e guardano al cielo con timore e trepidazione.
Nell'ideogramma del Ki, tutto sembra riprodurre in piccolo quello spazio infinito in cui la potenza attende di divenire atto. Una pentola che bolle, sbuffi di vapore...ma anche nuvole e nubi che si addensano e pioggia che scende ed evapora...l'anima. Con un poderoso salto simbolico abbiamo trasceso il tempo e lo spazio, le nuvole sono dentro di noi, sono i nostri stessi sentimenti, la pioggia è la nostra capacità di scendere dentro noi stessi per rivelare la nostra vera natura. L'acqua ritorna verso l'alto, è la nostra anima, evapora verso il cielo, segno del nostro desiderio di Dio. La discesa dell'Energia Divina ci ha sospinti nelle profondità del nostro essere ed è qui che incontriamo il centro, il nucleo, l'essenza della nostra identità: l'atomo, il costituente base della materia, vorticante di energia, con il suo nucleo e i suoi elettroni.
Ma è anche un seme, un piccolo chicco di riso, una ghiandola che racchiude la quercia e simboleggia la nostra vera vita, la realizzazione delle nostre potenzialità. Il Ki è dunque l'Essenza stessa della vita, la Materia che costituisce l'Universo, la Forza Vitale che dall'interno anima gli esseri e li sospinge verso il compimento del loro destino. REIKI significa dunque nutrire il seme della nostra essenza con la pura energia dello Spirito, perchè la nostra vita possa germogliare, radicarsi e crescere in forza e grandezza."
I Fondamenti Scientifici del REIKI
Un'altro interessante punto di vista sul Reiki, lo trovate su questo articolo che gentilmente la mia amica Angela Chiumenti, (reikista anche lei e futura operatrice volontaria presso le strutture sanitarie a cui si è proposta) mi ha messo a disposizione. Questo articolo mette in correlazione il Reiki e le recenti scoperte della fisica. Non che il Reiki a mio avviso ne abbia bisogno al fine di convincere le persone che effettivamente funziona come tecnica "dolce" nel trattamento di supporto e come tecnica integrativa nella terapia del dolore sia in generale che nello specifico, ma solo per evidenziare come anche alcune scoperte della fisica, sembrino collimare con i principi del Reiki (come è anche riportato sopra "...l'atomo, il costituente base della materia, vorticante di energia, con il suo nucleo e i suoi elettroni".).
"Le scoperte della fisica del ventesimo secolo hanno profondamente cambiato la visione della realtà aturale. La teoria della relatività di Einstein ha dimostrato che la materia è una forma di energia e la meccanica quantistica ne ha evidenziato la natura "ondulatoria". Per esempio l'atomo può essere descritto come un sistema formato da onde recanti energia ed "informazione": a questo livello la natura rivela la sua intima intelligenza. Oggi sappiamo che l'attività mentale è dovuta a processi chimici e fisici che avvengono nel cervello e nel sistema nervoso, a livello molecolare, atomico e forse anche subatomico, cioè a livelli descritti dalla meccanica quantistica. Le teorie più recenti della fisica intendono dimostrare che le quattro forze fondamentali (gravitazionale, elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole) sono aspetti di un solo "campo unificato", come era già stato ipotizzato da Einstein. Quindi è ragionevole cercare la relazione tra la mente dell'uomo ed il campo unificato, che è l'ambito fondamentale in cui avvengono i fenomeni quantistici..
Il corpo umano - inteso in senso olistico come un tutt'uno costituito da corpo e mente - è raffigurabile - e comprensibile - come un insieme di energie con frequenze vibrazionali ben precise e “funziona” in maniera normale e fisiologica fino a quando l'interscambio di informazioni tra le diverse frequenze vibrazionali resta invariato nel suo contesto naturale. IlReiki si ispira al modello energetico della fisica quantistica che considera il corpo non solo nella sua materialità fisica o chimica, ma come Energia Vitale che si esprime biologicamente nelle reazioni biochimiche e biofisiche che avvengono nelle cellule.
Nella tecnica del Reiki, poiché siamo esseri energetici in un universo fatto di energia, l'operatore Reiki capta le onde elettromagnetiche presenti nell'aria (tutte, di ogni frequenza) come se lui stesso fosse un'antenna e le trasforma nella frequenza più affine a quella umana, adatta cioè ad essere assimilata. Le mani di un reikista irradiano infrarossi in quantità maggiore rispetto ad un non reiksta: non si vedrà sulle mani luce visibile (riferimento alla “Legge della fotoluminescenza” - che indica l'insieme dei processi grazie ai quali determinate sostanze assorbono, sotto l'effetto di una radiazione elettromagnetica incidente, fotoni per poi riemetterli esse stesse in tutte le direzioni) ma verranno percepiti sotto forma di calore dalla persona “trattata”. Aprendo una parentesi sugli infrarossipossiamo ricordare che da oltre vent'anni in occidente “la luce che cura” è alla base delleterapie fisioterapiche ad infrarossi che utilizzano vari tipi di macchinari radianti raggi infrarossi alla frequenza adatta al corpo umano, quindi facilmente assimilabili e direzionabili. I primi impieghi si sono visti con successo sull'apparato scheletrico e muscolare, per facilitare il saldarsi di fratture e micro lesioni che non trovavano altra soluzione attraverso le terapie convenzionali o come terapia del dolore e delle infiammazioni.
Ad oggi, non ci sono ospedali o centri riabilitativi che non pratichino la terapia ad infrarossi. L’energia calda degli infrarossi può essere “fotografata” e registrato dalle più moderne strumentazioni mediche utilizzate in campo diagnostico per capire dove e se esista una disfunzione: gli apparecchi rilevatori di infrarossi indicano, ad esempio, una cattiva circolazione del sangue. Gli apparecchi scientifici emettitori di infrarossi a scopo terapeutico fanno quello che il reikista fa con le sue mani, cioè trasformano l'energia (elettrica per le macchine) in raggi infrarossi. Esistono in commercio anche strumentazioni ad uso privato, per ogni scopo o patologia, poiché ciascun organo del corpo necessita di una frequenza infrarossa differente; ad es. strumenti per rivitalizzare l'epidermide e favorire l'assorbimento di alcuni principi attivi, oppure stick infrarossi contro l'herpes labiale. Il Reiki è invece biocompatibile per natura e non presenta difficoltà di utilizzo. Si possono condividere alcuni principi fondamentali del “trattamento” Reiki, inserendoli nella prospettiva della medicina energetica. L’Energia Reiki si traduce in Effetto Fisico, non Effetto Placebo. Quando un paziente o il medico stesso crede fortemente che un trattamento gioverà, proprio quella convinzione può creare un favorevole cambiamento fisico: questo fenomeno – effetto placebo – non deve essere confuso con il successo ottenuto tramite trattamentiReiki. Krinsley D. Bengston, , ha constatato nei suoi esperimenti attenti e differenziati un87,9% di pieno successo dopo trattamenti Reiki offerti. Lo stesso Bengston affermerà: "I risultati del mio accurato lavoro sono entusiasmanti: i trattamenti Reiki non hanno nulla a che fare con l’effetto placebo, si riscontra piuttosto un responso diretto e rimarchevole utilizzando l’energia sprigionata attraverso le mani dell’operatore (…)".
(Krinsley D. Bengston – The Effect of the Laying On of Hands , Journal of Science Exploration,
2000)
Reiki produce onde elettriche e magnetiche che possono essere misurate: certificazioni, elaborati, testi specifici ne testimoniano gli effetti indiscutibili. Il Dr. James L. Oschman, uno fra i più autorevoli scienziati di medicina energetica dichiara: “..noi stessi siamo energia elettrica e magnetica...possiamo misurarlo, e saperne di più sulla nostra condizione(…)”. Gli effetti dei campi magnetici appartengono all’intero sistema vivente, e possono essere evidenziati da strumentazioni magnetonometre e lo SQUID (superconducting quantum interference device).
(James L.Oschmann – Energy Medicine: The Scientific Basis / Energy Medicine in Therapeutics and
Human Performance)
La misurazione di campi biomagnetici è stata argomento emergente parallelamente all’avvento della fisica quantistica. In occidente prevale un orientamento “tecnologico” sia per diagnosi che per trattamenti: risonanze magnetiche, pacemaker, defibrillatori, laser e altro. Elettrocardiogramma ed encefalogramma sono utilizzati da quasi un secolo, dunque l’approdo a risposte biomagnetiche ci appartengono ormai da molto tempo. Negli anni ’70 ogni ricerca a tale proposito ha condotto ad una affermazione inconfutabile: si possono stimolare processi di crescita e di risanamento. Nelle fratture ossee, ad esempio, la terapia elettromagnetica registra pieno successo: il range di frequenza necessario è di 7 Hz. Gliimpulsi magnetici registrati dalle mani degli operatori Reiki sono parimenti comprovati, livelli elettromagnetici di bassa frequenza: 2 cicli al secondo (Hz) per rigenerazione nervina, 7 Hz per la ricrescita ossea, 10 Hz per rigenerazione dei legamenti e 15 Hz per formazione capillare. Gli operatori Reiki descrivono tali impulsi come “una canalizzazione” di Energia Universale: per meglio dire i reikisti sono conduttori di ‘frequenze universali’ che utilizzano per stimolare l’autoguarigione e per armonizzare.
(Tamisha Sabrina – The Science Behind Reiki: What Happens in a Treatment – The UK Reiki
Federation)
L'efficacia del Reiki come terapia antidolore per tranquillizzare e rasserenare i pazienti
Sono sempre più convinta che il Reiki sarà destinato a svolgere un ruolo importante all'interno delle strutture sanitarie grazie alla sua efficacia sempre più riconosciuta, agli operatori non volontari e all'opera di tanti operatori volontari che vogliono dedicarsi ad aiutare chi soffre. I trattamenti Reiki hanno dei costi che variano a seconda della coscienza dell'operatore.
Il primo reparto di ospedale in cui si inizia a utilizzare il Reiki è spesso, non a caso, quello dioncologia. Di seguito ho riportato qualche esempio di ospedale che utilizza il Reiki a questo scopo, in Italia e nel mondo. Iniziamo intanto con un' intervista della Dott.ssa E. Cofrancesco che scrive su Riza Scienze di gennaio 2002 (pag 46):
"Reiki affianca le terapie convenzionali in numerosi centri ospedalieri di tutto il mondo. Trattandosi di una tecnica "dolce" di distensione e analgesia e presentando il vantaggio di essere a basso costo, facilmente riproducibile ed alla portata di tutti, si presta molto bene come trattamento di supporto e integrativo nella terapia del dolore del malato cronico(artritico, artrosico, fibromialgico), nel male di schiena (back pain), nella cefalea e nel malato oncologico. Nel malato oncologico si è dimostrato utile come trattamento palliativo anche durante i cicli di radioterapia e chemioterapia nel controllo dei sintomi collaterali (sispnea, nausea, vomito, dolori addominali, diarrea). Per lo stato profondo di rilassamento che può indurre, associato ad uno stato di coscienza di tipo meditativo, Reiki può essere di aiuto e di sostegno psicologico anche nell'ammalato terminale. Presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center a New York è utilizzato tra le tecniche palliative individuali di sostegno almalato oncologico, inclusi i pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo. A Milano, presso il Centro di Medicina Psicosomatica dell'Ospedale S. Carlo Borromeo, Reiki è utilizzato cometecnica integrativa di rilassamento e analgesia in pazienti affetti da emicrania.
Così pure è segnalato l'uso di Reiki in numerosi altri centri, come il California Pacific Medical Center (CA), il Portsmouth Regional Hospital (NY), il Marin General Hospital a nord di S. Francisco (CA) e molti altri. In questi centri, statunitensi e del Canada, Reiki è utilizzato per lo più dal personale infermieristico e dai fisioterapisti e rientra nel curriculum formativo di queste figure professionali. Inoltre è utilizzato anche da volontari. In questi centri Reiki è utilizzato come un "supplemento" e non come un "sostituto" della terapia convenzionale, e quindi come terapia "complementare" e non come terapia "alternativa" alla terapia ufficiale.Viene utilizzato quindi in pazienti con una diagnosi ben circostanziata e che stanno già ricevendo il trattamento ottimale secondo il sistema medico convenzionale."
ITALIA
In Italia il Reiki viene effettuato ai pazienti secondo tariffario del S.S.N. al Centro di Medicina Psicosomatica dell’Ospedale S. Carlo Borromeo di Milano, all’Ospedale Versilia dell’Azienda Sanitaria della Regione Toscana ed al Policlinico di Roma.
Vi è da segnalare inoltre la significativa esperienza del C.O.E.S. (Centro Oncologico Ematologico Subalpino) dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni Battista di Torino Ospedale Molinette.
Qui dal 2003 un progetto pilota sta svolgendo un’indagine, in collaborazione con il personale medico, sull’efficienza dei trattamenti Reiki nell’accompagnare dei malati oncologici nel corso delle diverse fasi della malattia. Il paziente è seguito da un’equipe composta di differenti figure professonali: un medico, uno psicologo, il personale infermieristico, gli operatori Reiki dell’associazione Cerchio di Luce.
Il progetto sta incontrando un vasto consenso fra i pazienti e dal 2005 i trattamenti di Reiki sono inseriti nella Guida ai servizi aziendali e territoriali COES e sul sito ufficiale reteoncologicapiemontese.it dell’Ospedale Molinette di Torino.
Qui di seguito uno stralcio dall’articolo, che parla dei risulati raggiunti al termine della prima fase di sperimentazione (visto il successo il progetto è stato rinnovato), apparso il 2 febbraio 2007 nella cronaca di Torino di “La Repubblica”:
“(…) Dall’esperienza di altri paesi nel mondo, [il reiki] è arrivato negli ospedali ache in Italia ed è stato sperimentato tra i pazienti oncologici in un primo studio pilota effettuato al Coes, il centro oncologico delle Molinette. Il risultato è a dir poco sorprendente: il 98 per cento delle persone trattate con il Reiki ha dichiarato di averne tratto un beneficio psicofisico.
La sensazione descritta è di un sensibile calo dell’ansia soppiantata da un effetto di rilassamento generale, accompagnato da una piacevole sensazione di calore e da un notevole miglioramento dell’umore. In una piccola percentuale (il 10 per cento) i pazienti hanno dichiarato di aver avvertito anche una riduzione del dolore. (…)”.
Nella stessa data anche Torno Cronaca e La Stampa ne hanno parlato. Quest’ultima specifca che:
“Lo studio effettuato sull’efficacia del Reiki (…) in integrazione alle terapie dei pazienti con neoplasie avanzate rivela che i 94 trattamenti esegiti hanno portato beneficio nel 98% dei casi. Il benessere è prodotto da un effetto di rilassamento, accompagnato da una piacevole sensazione di calore e da un notevole miglioramento dell’umore: lo stato emotivo di tranquillità in alcuni casi si protrae anche per alcuni giorni dopo il trattamento. (…). Alcuni pazienti hanno riferito di aver notato un miglioramento della qualità del sonno. (…)”
Da notare che i risultati di ci sopra sono stati raggiunti con soli quattro trattamenti di Reiki per paziente.
Nel Reparto Oncologico dell’ospedale Cardinal Massaja di Asti è stata avviata nel 2008 una ricerca scientifica (approvata dal Comitato etico di Alessandria) sulla valenza dei trattamenti reiki per gli ammalati sottoposti a chemio o radioterapia. Da notare che il reparto, diretto dal primario Franco Testore, ha ottenuto, sesto in Italia, l’accreditamento all’eccellenza ed è stato segnalato tra i 5 migliori del paese per l’umanizzazione delle cure.
BRASILE
Estratto da un aricolo di Lorraine Rossignol “La città dell’utopia” pubblicato su Le Monde, ottobre 2004 e riguardante Altinopolis, città brasiliana dello stato di Sao Paulo:
L’ospedale di Altinopolis presenta cifre stupefacenti: dall’elezione del nuovo sindaco, Dott. Ernani, il numero di bambini morti alla nascita è sceso a 3 ogni mille abitanti (mentre è il 30 per mille in Brasile e il 5 per mille in Europa, secondo l’Istituto brasiliano di statistica e secondo l’Organizzazione mondiale della sanità). (…)
Il programma “Salute nella famiglia” ha portato con sé una piccola rivoluzione. Fondato su una logica preventiva rigorosa, si basa sul ricorso sistematico e gratuito, oltre che alla medicina occidentale, anche alle medicine orientali o alternative come agopuntura, reiki, auricoloterapia e massoterapia. E tutto il personale medico della città ha ricevuto una formazione idonea.
Non stupisce che in queste condizioni il numero di bambini malati che devono passare la notte in ospedale sia nettamente diminuito. Quest’approccio alla salute comincia a essere imitato anche nelle città vicine, come Ituveraba e Sao Joaquim de Barra.
SVIZZERA
In Svizzera alcune assicurazioni e casse mutualistiche rimborsano i trattamenti di Reiki. Ecco una lista:
Groupe Mutuel (5, rue du Nord 1920 Martigny Tel. 0848 803 111), gruppo che comprende 15 assicurazioni diverse, che per brevità non sono qui elencate.
Intras (Direction Générale 10, rue Blavignac 1227 Carouge Tel. 022 8279292)
Swica (39, Boulevard de Grancy 1006 Losanna Tel. 02116130404)
La Caisse Vaudoise (11, rue de Carojine CP 288 1001 Losanna Tél. 021 3482511)
Supra (35, Chemin de Primerose 1000 Losanna 3 Cour Tél. 021 6145454)
U.S.A.
Memorial Sloan-kettering Cancer Center – New York – L’ospedale propone il Reiki come terapia individuale per i degenti, a richiesta di questi ultimi. Nell’ospedale inoltre ci sono 6 dottori e 25 infermiere che usano Reiki. I corsi sono stati tenuti da Marylin Vega, che esegue trattamenti di Reiki ai malati, inclusi malati di cancro e trapiantati ai reni.
Manhattan Eye, Ear and Throat Hospital – New York-Marylin Vega esegue trattamenti Reiki pre/post operazione e a malati di ogni genere.
Women&Infant Hospital – Providence, Rhode Island.
Reiki Clinic nel Dipartimento di Oncologia, gestita da Ava Wolf e Janet Wing.001 401-727-3034- awawolf@home.com
Rhode Island State Nurse’s Association – Al suo interno si effettuano training di Reiki per infermieri. La formazione è gestita da Ava Wolf e Janet Wing – 001 401-727-3034 –awawolf@home.com
Tucson Medical Center (TMC) – Arizona -Dal 1995 si eseguono trattamenti Reiki ai pazienti nei loro letti, per opera di volontari. Il Reiki si è diffuso prima in Oncologia, e poi gradualmente anche negli altri reparti. -Programma gestito da Sally Soderlund, infermiera, Support Service Coordinator for Oncology (001 520 3242900).
Portsmouth Regional Hospital – New Hampshire Reiki offerto sistematicamente come servizio per i pazienti del reparto di Chirurgia dell’ospedale, da parte dei 20 membri formati al Reiki. Più di 400 pazienti hanno ricevuto trattamenti pre o post operazione dal 1997 ad oggi. Programma gestito da Patricia Alandydy, infermiera, Assistand Director of Surgical Service.Patricia: 001 603 433 5175
California Pacific Medical Center – North California – E’ uno dei più grandi ospedali della California. Al suo interno usa molte medicine complementari, tra cui Reiki. Programma gestito da due medici, Dr. Mike Cantwell e Dr. Amy Saltzman con successo: la lista di attesa è spesso sopra i 100 pazienti. I pazienti che reagiscono bene ai trattamenti di Reiki partecipano ad un corso di Reiki in modo da continuare ad auto-trattarsi, liberando il personale interno all’ospedale che può così trattarne altri. Dr. Cantwell: 001 415 923 3503 University of Michigan Medical School
Mary Lee Radka, infermiera, gestisce i corsi di Reiki all’interno dell’ospedale destinati a infermieri ed allo staff ospedaliero. Nell’ospedale è usato il Reiki, tra l’altro anche nel pronto soccorso.
Ospedali del New England (USA)
Più di una dozzina di ospedali della regione hanno formato il loro staff al Reiki e lo applicano come cura complementare. Libby Barnett e Maggie Chambers sono i Reiki Masters: 001 603 654 2787.
Columbian Presbyterian Medical Center – New York
Dr. Mehmet Oz, noto cardiochirurgo, si fa aiutare da Julie Motz (operatore Reiki) durante le operazioni a cuore aperto ed i trapianti di cuore con ottimi risultati sul decorso post-operatorio.
Marin General Hospital – Marin, California
Julie Motz (operatore Reiki) ha sperimentato Reiki durante le operazioni (ad. es. mastectomia) con ottimi risultati.
Albert Einstein Healtcare Network – Philadelphia
True Gala conduce ricerche scientifiche sull’efficacia del Reiki in casi di AIDS avanzato.trueg@aehn2.einstein.edu
Dana-Farber Cancer Institute – Boston- Le cure complementari (CAM), tra cui Reiki, sono state integrate alle normali cure oncologiche. Conduce ricerche scientifiche sull’efficacia del Reiki ed altre discipline in oncologia. Informazioni sul database del CRISP
Warren Grant Magnuson Clinical Center of the National Institutes of Health (NIH)
Ann Berger, responsabile del Pain and Palliative Care Service (Servizio Dolore e Cure Palliative) dell’ospedale, nel 2000 ha introdotto il Reiki con successo in quest’ambito: Per maggiori informazioni contattare Pamela Miles, che ha scritto un articolo sull’uso del Reiki in questo ospedale. http://www.pamelamilesreiki.com
Harvard Study Unveils What Meditation Literally Does To The Brain
Numerous studies have indicated the many physiological benefits of meditation, and the latest one comes from Harvard University.
An eight week study conducted by Harvard researchers at Massachusetts General Hospital (MGH) determined that meditation literally rebuilds the brains grey matterin just eight weeks. It’s the very first study to document that meditation produces changes over time in the brain’s grey matter. (1)
“Although the practice of meditation is associated with a sense of peacefulness and physical relaxation, practitioners have long claimed that meditation also provides cognitive and psychological benefits that persist throughout the day. This study demonstrates that changes in brain structure may underlie some of these reported improvements and that people are not just feeling better because they are spending time relaxing.” – (1) Sara Lazar of the MGH Psychiatric Neuroimaging Research Program and a Harvard Medical School Instructor in Psychology
The study involved taking magnetic resonance images (MRI) of the brain’s of 16 study participants two weeks prior to participating in the study. MRI images of the participants were also taken after the study was completed.
“The analysis of MR images, which focused on areas where meditation-associated differences were seen in earlier studies, found increased grey-matter density in the hippocampus, known to be important for learning and memory, and in structures associated with self-awareness, compassion and introspection.” (1)
For the study, participants engaged in meditation practices every day for approximately 30 minutes. These practices included focusing on audio recordings for guided meditation, non-judgmental awareness of sensations, feelings and state of mind.
“It is fascinating to see the brain’s plasticity and that, by practicing meditation, we can play an active role in changing the brain and can increase our well-being and quality of life. Other studies in different patient populations have shown that meditation can make significant improvements in a variety of symptoms, and we are now investigating the underlying mechanisms in the brain that facilitate this change.” – (1) Britta Holzel, first author of the paper and a research fellow at MGH and Giessen University in Germany
How To Meditate
A common misconception about meditation is that you have to sit a certain way or do something in particular to achieve the various benefits that it can provide. All you have to do is place yourself in a position that is most comfortable to you. It could be sitting cross legged, lying down in a bed, sitting on a couch etc, it’s your choice.
Another common misconception about meditation is that you have to “try” to empty your mind. One important factor I enjoyed reading from the study mentioned above is that participants were engaged in “non-judgmental awareness of sensations, feelings and state of mind.” When meditating, you shouldn’t try to “empty” your mind. Instead, try to let your thoughts, feelings and whatever emotions you are feeling at the time flow. Don’t judge them, just let them come and go and be at peace with it.
I also believe that meditation is a state of being/mind more than anything else. I feel that one does not have to sit down for half an hour and “meditate” so to speak in order to reap the benefits of it, or to be engaged in the practice itself. One can be engaged in meditation while they are on a walk, for example, or the time they have right before they sleep. Throughout the day, one can resist judging their thoughts, letting them flow until they are no more, or just be in a constant state of peace and self awareness. Contrary to popular belief, there is more than one way to meditate.
“You will have to understand one of the most fundamental things about meditation: that no technique leads to meditation. The old so-called techniques and the new scientific biofeedback techniques are the same as far as meditation is concerned. Meditation is not a byproduct of any technique. Meditation happens beyond mind. No technique can go beyond mind.” – Osho
For more articles from Collective Evolution on meditation you can click HERE.
Sources:
(1) http://news.harvard.edu/gazette/story/2011/01/eight-weeks-to-a-better-brain/
http://www.princeton.edu/~achaney/tmve/wiki100k/docs/Grey_matter.html
Psicosomatica e olismo in ospedale: possibilità, speranza, utopia?
Dott. Luisa Merati (MD), Centro ambulatoriale di Medicina Psicosomatica, Ospedale San Carlo Borromeo, Milano
Pubblicato sugli Atti del XVIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Psicosomatica, Milano, 2001
Chi scrive ha già espresso in comunicazioni portate a precedenti congressi della SIMP la cronistoria dell’ambulatorio di Medicina Psicosomatica dell’Unità Operativa di Medicina Interna Ia, dalla nascita quasi clandestina come “dependance “del Centro Cefalee, dove si trattavano le cefalee con l’analgesia per ipnosi, al suo sviluppo e al riconoscimento come figlio legittimo dell’Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo, figlio legittimo, sì, ma portatore di un gene anomalo, mutante, cioè quello di essere aggregato ad una Unità Operativa di Medicina Interna e non di Psichiatria, e quindi portatore di un handicap che lo emargina sia dagli internisti che dagli psichiatri, ciascuno vedendolo come estraneo al suo mondo.
La responsabile dell’ambulatorio è sia medico internista che psicoterapeuta: e già questo è sempre stato visto e continua a essere visto all’interno dell’Istituzione come una contraddizione di termini: un’internista non può essere psicoterapeuta e viceversa: è una cosa che di per sè non esiste, ciascun termine elide l’altro. All’interno dell’Ospedale l’internista e lo psichiatra fanno parte di due mondi che non possono incontrarsi e integrarsi, possono esserci solo fuggevoli incontri e ‘scontri’ nelle visite di consultazione.
A questo si aggiunga la frammentazione portata dalle specializzazioni e dalle specializzazioni nelle specializzazioni: questo in certi campi è inevitabile e auspicabile (chirurgia, rianimazione, terapie intensive, cardiologia), ma la frammentazione della Medicina Interna in ulteriori specialità, se porta da una parte senza dubbio ad un miglior iter diagnostico e terapeutico, dall’altra inevitabilmente conduce ad una spartizione del paziente “persona” visto dall’occhio del medico specialista solo per quell’organo in questione, e porta ad un succedersi di visite, pareri ed esami, spesso solo per approfondire se il paziente è veramente di competenza di uno specialista o di un altro, con il risultato di inutili esami, ricoveri prolungati, dimissioni e nuovi successivi ricoveri in altri reparti, dunque con il risultato di una sanità non efficiente.
E’ cosa ormai ovvia e arcinota che il paziente in ospedale non è più una persona, ma solo un numero, un organo malato. Questo ha portato a programmi di “umanizzazione” che spesso fanno migliorare l’iconografia e la scenografia degli ambienti, ma non cambiano l’approccio terapeutico: e forse in ospedale questo sembra un destino immutabile, ed è inutile e perfino dannoso cercare di cambiare le cose poichè ciò che conta nell’Ospedale è l’efficienza dei servizi e l’approccio olistico viene per lo più guardato dagli amministrativi come un modello che rallenta l’iter diagnostico e terapeutico. L’approccio psicosomatico/olistico non può esistere per i degenti: il degente solitamente è un malato grave o sospetto tale e a questi l’Ospedale può solo fornire esami e terapie efficaci nel più breve tempo possibile. Forse, al massimo, un’Azienda Ospedaliera, per rispettare il bilancio costi/prestazioni, può permettersi solo una struttura come l’Ambulatorio di Medicina Psicosomatica, proiettata all’esterno e dedicata a pazienti ambulatoriali inviati dai colleghi che lavorano sul territorio.
D’altro canto, le indicazioni e i vantaggi di un approccio olistico/psicosomatico nei pazienti degenti in Ospedali, almeno in alcuni reparti, sarebbero molteplici; basti pensare alla terapia di supporto in oncologia, in gastroenterologia, in pneumologia, in ostetricia e ginecologia, solo per nominare i più ovvi. Questo richiederebbe, però, una collaborazione multidisciplinare, una rete capillare di interventi da parte di una equipe di psicosomatisti, con un discreto dispendio di energie economiche e personali e con un rapporto costi/benefici tutto da verificare.
Altro aspetto da tenere in considerazione è il pericolo dell’equivoco sul concetto di medicina psicosomatica. Probabilmente, in un contesto aziendale e amministrativo, è più facile far passare il concetto di ‘supporto psicologico’ al malato e non quello più vero di ‘modalità di interpretazione del significato profondo della malattia’, lavoro questo lungo e forse inutile, dato la gravità di certi malati, in cui lo stadio della malattia è così avanzato e/o cronico, che non prevede possibilità di regressione se non con le terapiefarmacologiche convenzionali. Tanto più ciò avviene in Medicina, dove l’età dei pazienti è molto più avanzata che negli altri reparti, dove si concentrano le patologie in fase più cronica o in fase terminale, e dove i pazienti spesso non sono in uno stato cognitivo che permetta un approccio cosciente col terapeuta.
E’ quindi proprio impossibile nei reparti di Medicina applicare una terapia olistica ai degenti?
Nei reparti i degenti sono spesso allettati, necessitano di continua assistenza da parte del personale infermieristico e dei fisioterapisti, necessitano di diete particolari. Il medico svolge soprattutto un’attività di supervisione su questo lavoro, passa poco tempo al letto del malato (visita, fa poche e frettolose domande, decide esami e terapia del giorno).
Le persone che hanno più contatto col malato sono gli infermieri, i fisioterapisti, le dietiste, e forse sono queste le figure che potrebbero svolgere un’attività “olistica” sui degenti.
La dieta. Utile sarebbe poter studiare e individuare una dieta per ogni paziente, in cui ogni cibo, rivestendo un particolare significato simbolico per quel paziente, possa alleviare i suoi sintomi, cioè la dieta curativa in sè attraverso il significato simbolico che il paziente dà a quel cibo o attraverso il significato simbolico che il cibo ha di per sè: il cibo come un farmaco: il cibo che guarisce attraverso i suoi significati simbolici. A questo proposito mi ricorderò sempre di un paziente operato per cancro della laringe con metastasi all’esofago: non poteva più deglutire, la disfagia sembrava irreversibile, finchè una parente non gli portò della carne di struzzo: non si sa per quale meccanismo curioso, ricominciò a mangiare (forse i poteri “deglutitori” dello struzzo furono assimilati dal paziente?).
Il contatto. Fisioterapisti e infermieri sono coloro che oltre ad avere relazione frequente col paziente ricoverato hanno anche un “contatto” diretto: la manipolazione del paziente è parte integrante ed essenziale del loro lavoro. Gli infermieri non sono solocoloro che somministrano i farmaci, sopperiscono ai bisogni elementari e alle funzioni fisiologiche dei malati, e hanno accesso ravvicinato al corpo del malato, anche più del medico.
In quest’ultimo caso un modo per avvicinare e trattare il degente passerebbe attraverso l’addestramento del personale infermieristico a quelle tecniche chiamate “ touch-therapies”, che attraverso il contatto manuale portano al rilassamento, all’abbandono ad una figura materna rassicurante, al passaggio di calore-energia amorevole, in un vero e proprio maternage.
Tra queste terapie abbiamo individuato come particolarmente interessante il Reiki, una metodologia olistica naturale di antica origine tibetana, ‘dolce’, ma al tempo stesso efficace come tecnica di analgesia e di rilassamento. Reiki, infatti, si è dimostrato efficace nella terapia del dolore di tutti i tipi, compreso quello oncologico, come coadiuvante alla terapia con oppioidi nel malato terminale, nella assistenza pre e postoperatoria, nella riepitelizzazione delle ferite, durante i trattamenti di radioterapia, nelle allergie, nella depressione secondaria. Nel malato oncologico si è dimostrato utile come trattamento palliativo anche durante i cicli di chemioterapia per il controllo dei sintomi collaterali. Per lo stato di profondo rilassamento che può indurre, associato ad uno stato di coscienza di tipo meditativo, può essere di aiuto e di sostegno psicologico anche nel malato terminale.
Già in numerosi centri degli Stati Uniti e del Canada Reiki è utilizzato per lo più dal personale infermieristico e dai fisioterapisti e rientra nel curriculum formativo di queste figure professionali. In questi centri Reiki è utilizzato come un supplemento della terapia convenzionale quindi come terapia ‘complementare’ e non come terapia ‘alternativa’ alla terapia ufficiale.
L’inserimento quindi delle Terapie del Contatto (touch therapies) nella formazione professionale del personale infermieristico, può fornire un mezzo per valorizzare la professionalità dell'infermiere, migliorare il suo rapporto col paziente, trasformare la ‘manipolazione’ del paziente, componente preponderante del lavoro, ma a volte ruvida e veloce per necessità contingenti, in una vera e propria ‘terapia di contatto’.
Purtroppo ahimè questo non può prescindere dall’eventuale aumento dell’organico del personale infermieristico, tali e tanti sono i compiti dell’infermiere specialmente nei reparti di Medicina Interna in cui i pazienti sono gravissimi, soprattutto se in fase acuta, spesse volte, comunque, allettati da tempo e bisognosi di continua assistenza. Nelle touch therapies, tuttavia, conta non tanto la durata, ma soprattutto la qualità del contatto, e se il contatto trasmette calore, affetto e protezione, ciò è già di per sé terapeutico, ma, per necessità, tale modalità di contatto non può avvenire con un personale stressato da pesanti turni di lavoro e “sotto organico”.
Per concludere, “Psicosomatica e olismo in Ospedale”: si tratta di utopia, speranza o reale possibilità? E’ incoraggiante constatare che, finalmente, anche le Istituzioni hanno cominciato ad interessarsi della qualità della assistenza e alla “professionalizzazione” degli operatori socio-sanitari, basata non solo sul “saper fare”, ma anche sul “saper essere”. Mi riferisco, in particolare al Decreto Ministeriale (27/4/2001) “Istituzione del corso ‘pilota’, a carattere nazionale, di alta qualificazione teorico-pratica in cure palliative”, che prevede, tra le terapie palliative del dolore e dei sintomi collaterali delle chemio e radioterapie nel malato oncologico, anche l’utilizzo di Terapie Complementari, ed, in particolare, Touch Therapy (per l’appunto le Terapie del Contatto), arteterapia, terapia occupazionale e fisiomotricità.
Anche il recentissimo Piano Socio Sanitario Regionale 2002-04 della Regione Lombardia ha posto l’accento sulla valorizzazione e responsabilizzazione delle risorse umane da cui dipende la qualità dei servizi assistenziali offerti. In particolare il Piano Regionale intende promuovere la formazione di operatori socio-sanitari, medici e non medici, con elevato standard di empatia/umanizzazione e preparati/formati alla cura del malato cronico, disabile, anziano, e terminale.
http://www.associazioneref.org/index.asp?id_art=188&id_tit=1
L' ospedale di Pitigliano offre cure alternative
A Pitigliano il primo ospedale in Italia in cui le cure "alternative" vengono proposte al pari di quelle convenzionali.
Nella foto: Il team di cure alternative dell'ospedale
Questo permetterà anche una sorta di prima statistica sugli effetti di tali terapie. Non so quanto possa essere considerato "monitoraggio", ma certamente è un passo avanti: al di là degli intenti sotterranei, le forze dell'ostacolo devono concedere degli spazi: e le coscienze sveglie li utilizzano velocemente per trasformarli in vere e proprie strade verso la luce.
Il link è su un articolo del Corriere, ma l'ospedale ha anche una pagina Facebook.
Ecco la pagina FB dell'ospedale https://www.facebook.com/pages/Pitigliano-primo-ospedale-di-medicina-integrata/205287956154253
PAZIENTI SARANNO CURATI SIA CON LA MEDICINA TRADIZIONALE CHE CON QUELLA «ALTERNATIVA»
Medicina complementare: in Toscana
il primo ospedale «integrato»
Sarà inaugurato a Pitignano, in provincia di Grosseto, a fine giugno. Avrà tre reparti
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A MIlano primo centro di ricerca italiano sull'osteopatia
L'ospedale di Pitigliano, in provincia di Grosseto, sarà il primo a praticare in Italia la medicina «integrata»
PITIGLIANO (GROSSETO) – L’appuntamento è per fine giugno. Parola di funzionari e amministratori regionali che sul piccolo ospedale di Pitigliano, colline del tufo in provincia di Grosseto, hanno scommesso un pezzo di futuro della sanità toscana e italiana. Il «Petruccioli», tre reparti (medicina generale, day surgery, pronto soccorso) e ambulatori, quindici medici, sarà il primo nosocomio europeo di «medicina integrata», ovvero curerà i pazienti alternando, secondo le esigenze, le cure tradizionali a quelle complementari, come omeopatia, agopuntura e fitoterapia e discipline bionaturali come yoga, shiatsu e suono-terapia. L’annuncio è stato dato durante un convegno organizzato nella «Piccola Gerusalemme» (così è stata ribattezzata Pitigliano per la sua cultura ebraica e la bellezza del paese scavato nel tufo) al quale hanno partecipato medici tradizionali e «complementari» nonchè amministratori.
FINANZIAMENTI - Il progetto ha già ottenuto un primo finanziamento della Regione Toscana di circa 1,3 milioni di euro. A Pitigliano arriveranno alcuni medici specializzati nelle medicine alternative. «Che non opereranno in autonomia – spiega Simonetta Bernardini, pediatra e presidente della Società italiana omeopatia e medicina integrata, la responsabile del progetto – ma in perfetta integrazione con gli altri colleghi. E per ogni caso potranno scegliere, ascoltato il paziente, le cure migliori, alternando e integrando le medicine tradizionali e complementari». Una rivoluzione, che potrebbe far superare anni di polemiche e incomprensioni tra la stessa categoria medica da sempre divisa su omeopatia, fitoterapia e agopuntura. «Ogni paziente potrà scegliere la cura preferita senza spendere una lira – spiega Fabio Roggiolani, presidente della Commissione sanità della Regione Toscana -. Un esempio? Se all’ospedale di Pitigliano sarà ricoverata una donna incinta con il bambino in posizione podalica, si potrà decidere con il suo consenso, se provare a risolvere il problema utilizzando tecniche di agopuntura per far tornare il bambino nella posizione favorevole al parto, prima di arrivare al taglio cesareo».
ACCORDI PROFESSIONALI - La nascita del primo ospedale italiano di medicina integrata segue la legge regionale che ha messo sullo stesso piano le due medicine. Sono stati stipulati accordi con le associazioni professionali. «Gli ordini dei medici, degli odontoiatri, dei farmacisti e dei veterinari – continua Roggiolani - hanno istituito elenchi nei quali si certifica l’attività di quei professionisti che hanno i requisiti per esercitare la medicina complementare». L’ospedale di Pitigliano avrà anche una funzione pedagogica. Qui l’università di Siena organizzerà corsi di specializzazione dedicati ai medici e nascerà su Internet la prima biblioteca italiana dedicata alle medicine complementari. Nel futuro del progetto c’è anche l’impiego di discipline bionaturali, ovvero tutte quelle pratiche legate ai massaggi e alla ginnastica orientali per migliorare la qualità della vita. Tra questa anche la terapia del suono. «Suoni naturali studiati appositamente per rilassare il paziente – spiega Fabio Pianigiani, musicologo, docente all’Università di Siena – e che si integrano perfettamente con la terapia. Ci sono studi scientifici che dimostrano che, musica e suoni ben calibrati, abbattono lo stress e contribuiscono alla guarigione».
http://www.corriere.it/salute/10_marzo_22/primo-ospedale-integrato-medicina-complementare-toscana_83e60c2e-35c7-11df-bb49-00144f02aabe.shtml
Abbiamo presenziato per la seconda volta alla giornata del Festival #tuttoexaurito, tra chi é interessato a volersi bene e vuole conoscere praticando discipline e metodi dolci.
x info e prenotazione:
Automassaggio +39 339 5467 597 PierGiorgio Rapari
Bioenergetica +39 338 7337 286 Daniele Guainazzi
Reiki +39 333 3684 205 Marco Defendenti
Altre varie: associazione TerraLuna con Ester Bassetti
http://associazioneterraluna.jimdo.com/ cell. +39 366 3119 276
hashtag della Rete #HBProject #ProgettosulBenessere
Testo del Dossier di Pratiche olistiche all'interno di Ospedali:
Stare bene: nuove conferme scientifiche sull’efficacia della meditazione
La meditazione è stata ancora una volta correlata a un migliore stato di benessere, salute fisica e mentale.
Le persone che praticano la meditazione stanno bene: sia in salute fisica che mentale. Ma soprattutto meglio di chi non la pratica. Ecco quanto emerge chiaro in un nuovo studio condotto dall’Università di Sydney.
Sebbene l’area che ha mostrato maggiori e significative differenze nella promozione della salute fosse quella mentale, coloro che praticano la meditazione da almeno due anni sono stati trovati essere più in salute del 10 percento, rispetto al resto della popolazione generale. Questo è uno dei vantaggi evidenziati nell’articolo riportante i risultati dello studio pubblicato suEvidence-Based Complementary and Alternative Medicine (eCAM).
«Abbiamo scoperto che il profilo di salute e benessere delle persone che avevano meditato per almeno due anni era significativamente più alto nella maggior parte delle categorie salute e benessere rispetto alla popolazione australiana – spiega nel comunicato US il dottor Ramesh Manocha, psichiatra e principale autore dello studio – La parte maggiormente marcata è stata una forte correlazione tra la frequenza dello sperimentare il silenzio mentale e una migliore salute mentale. Questa definizione si basa su quella che è la forma di meditazione praticata per secoli».
Il professor Manocha, insieme ai colleghi Deborah Black e Leigh Wilson della Faculty of Health Sciences, ha basato lo studio sui dati inerenti alla salute della popolazione ricavati dal federal government's National Health and Wellbeing Survey. Per raffrontare ed esaminare gli effetti della meditazione, i ricercatori hanno coinvolto più di 350 persone provenienti da tutta l’Australia che avessero meditato per almeno due anni.
«Ci siamo concentrati sulla definizione di meditazione come quale silenzio mentale – aggiunge Manocha – e intervistato gli esercitanti la meditazione Sahaja Yoga che praticano una forma di meditazione finalizzata al raggiungimento di questo stato, piuttosto che il rilassamento o la mindfulness, metodi che di solito sono oggetto di altre forme [di meditazione]».
Ai partecipanti, i ricercatori hanno domandato quante volte avessero sperimentato il “silenzio mentale”, almeno per qualche minuto.
Alla domanda, i meditatori hanno risposto che nel 52 percento dei casi hanno sperimentato il silenzio mentale per più volte al giorno; il 32 percento dei partecipanti invece ha dichiarato di averlo sperimentato da una a due volte al giorno.
«La nostra analisi ha mostrato rapporto molto piccolo su tutti tra la frequenza con cui la persona che meditava standosene fisicamente seduta e i punteggi di salute mentale. Tuttavia, il rapporto era chiaramente in relazione a quanto spesso essi hanno sperimentato lo stato di silenzio mentale – sottolinea Manocha – Il vantaggio per la salute sembra essere collegato a questo aspetto più di ogni altra caratteristica dello stile di vita meditativo. In altre parole, la qualità rispetto alla quantità».
Ecco dunque che non basta sedersi per “meditare” o atteggiarsi a tal guisa, ma è l’effettiva capacità di raggiungere il silenzio mentale – a mettere a tacere la cosiddetta “mente scimmia”, che non sta mai ferma.
«Mentre ci aspettavamo che ci sarebbero state alcune differenze tra i meditatori e la popolazione in generale non ci aspettavamo che i risultati fossero così pronunciati – continua il professor Manocha – Abbiamo ripetuto componenti di grandi dimensioni del sondaggio più volte per confermare i nostri risultati e abbiamo ottenuto gli stessi risultati».
«Questo è uno dei primi studi a valutare gli impatti a lungo termine della meditazione sulla salute e il benessere. Quando prendiamo l’evidenza di questo studio, insieme ai risultati di nostri altri studi clinici, creano forti presupposti per l’uso della meditazione come una strategia di prevenzione primaria, soprattutto in salute mentale», conclude Manocha.
Che dire di altro?
Fonte La Stampa: http://www.lastampa.it/2012/05/14/scienza/benessere/medicina-naturale/stare-bene-nuove-conferme-scientifiche-sull-efficacia-della-meditazione-BeTgR7B8IYLXhh319Z0DTN/pagina.html
La meditazione batte i farmaci
Basta un'ora per dimezzare il dolore
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience, lo zen ha un effetto analgesico. Durante l'esercizio della concentrazione "positiva", nel cervello si accendono alcune aree e se ne spengono delle altre in un'azione "combinata" che riduce la sofferenza anche del 40%
di ADELE SARNO
ROMA - Altro che analgesici: quando il dolore è troppo forte basta un'ora di meditazione. La capacità di concentrare la propria mente e liberarla dai pensieri negativi, infatti, avrebbe il potere di ridurre l'intensità del dolore fino al 40%. Non solo, abbasserebbe del 57% anche quella sensazione spiacevole che segue la sofferenza. Queste "certezze" sono il punto d'arrivo di uno studio, pubblicato sul Journal of Neuroscience, secondo il quale lo zen batte i farmaci perché è in grado di influenzare l'attività delle aree cerebrali che controllano lo stimolo doloroso, regolandone il grado di intensità. In altre parole, dicono i ricercatori del Wake Forest Baptist Medical Center di Winston-Salem (Usa), la meditazione ha il potere di "assopire" la corteccia somatosensoriale e di "svegliare" il cingolo anteriore, l'insula anteriore e la corteccia fronto-orbitale. Questa azione "combinata" sulle aree che governano la percezione del dolore ha un potere analgesico.
"L'effetto che abbiamo riscontrato è sorprendente - spiega Fadel Zeidan, autore dello studio - basti pensare che la morfina o altri antidolorifici riducono in media il dolore del 25%". Per testare gli effetti postivi della meditazione sul dolore, il team ha coinvolto 15 volontari. Tutti erano novizi dello zen. Per questo il campione è stato invitato a partecipare a un corso intensivo di una paricolare forma di meditazione, chiamata 'mindfullness'. Ogni lezione di "attenzione focalizzata" durava 20 minuti, durante gli incontri ai partecipanti si chiedeva di concentrare la mente sul respiro, di mandare via pensieri intrusivi ed emozioni negative.
Contemporaneamente gli studiosi, con un'apposita apparecchiatura sistemata sotto la gamba destra dei soggetti, generavano per cinque minuti un calore dolorifico, raggiungendo una temperatura di 49 gradi centigradi. Prima e dopo le lezioni, i ricercatori fotografavano ciò che accadeva nel cervello dei partecipanti grazie a una speciale risonanza magnetica, chiamata Arterial spin labelling. Questa particolare tecnica è in grado di rilevare, attraverso la mappatura del flusso sanguigno, l'intensita del dolore. Così registravano le reazioni dei partecipanti al dolore sia durante l'esercitazione sia mentre erano a riposo. E' emerso che la meditazione spegne il dolore riducendolo del 40%, con delle punte del 93% in alcuni volontari.
A livello cerebrale le scansioni hanno messo in evidenza una riduzione significativa dell'attività della corteccia somato-sensoriale, un'area fortemente coinvolta nella genesi della sensazione di dolore. Contemporaneamente si iperattivavano anche altre zone: il cingolo anteriore, l'insula anteriore e la corteccia fronto-orbitale. "Queste regioni cerebrali - dicono i ricercatori - plasmano il modo in cui il cervello costruisce l'esperienza del dolore a partire dai segnali nervosi provenienti dal corpo". Una delle ragioni per cui la meditazione può essere stata così efficace nel bloccare il dolore è che non agisce su una singola regione del cervello, ma a più livelli.
"Questo studio - dice Fadel Zeidan - mostra che la meditazione produce effetti realmente positivi sul cervello. E che quindi potrebbe garantire il controllo del dolore senza l'utilizzo di farmaci".
http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2011/04/05/news/la_meditazione_riduce_il_dolore_del_40_-14538436/
Scienza e Reiki

La rigenerazione cellulare ottenuta si può finalmente documentare grazie ad apparecchi sensori di nuova generazione. Fino a qualche tempo fa si credeva che il cervello fosse solo una "massa pensante" e che le "guarigioni" fossero dovute ad un effetto placebo o ad un'azione suggestiva provocata dal Reikista o dal pranoterapeuta che trasmetteva "calore" dalle sue mani. I detrattori asserivano che, quando il Curatore "non sapeva guarire", era un ciarlatano ed il fluido "non esisteva". Quando l'ammalato "guariva" era invece quest'ultimo che si suggestionava da solo. Ovviamente ribadiamo il concetto che il GUARITORE non guarisce nessuno ma riequilibra così bene la persona da portarla, se la sua Anima è "pronta", alla sua autoguarigione.
Zimmerman, eminente studioso, si occupò, verso il 1998, di verificare cosa avviene mentre si praticano terapie energetiche come il Reiki: La ricerca rivelò che non solo le onde cerebrali del praticante e del ricevente si sincronizzavano nello stato alfha, caratteristico del rilassamento profondo, dell'analgesia e della meditazione, ma che pulsavano all’unisono con il campo magnetico terrestre: la "Risonanza Schuman" Durante i trattamenti, il campo biomagnetico dei Reikisti era almeno mille volte più esteso del normale e ciò non aveva alcuna relazione con la corrente del corpo interno.
Zimmerman e Seto approfondirono ulteriormente lo studio dell'ampio campo biomagnetico pulsante emesso dalle mani di praticanti di metodi di trasmissione energetica come il reiki, mentre lavoravano. Essi scoprirono che le pulsazioni vibravano alle stesse frequenze delle onde cerebrali, in un intervallo compreso tra 0,3 e 30 Hz, con maggiore densità tra 7 e 8 Hz, nello stato ALPHA. Ricerche mediche indipendenti hanno dimostrato che in questo intervallo di frequenze, le capacità di autoguarigione del corpo sono fortemente stimolate e che specifiche frequenze possono essere utilizzate per rigenerare i diversi tessuti. Ad esempio, 2 Hz per la rigenerazione dei nervi, 7 Hz per la crescita ossea, 10 Hz per la guarigione dei legamenti e 15 Hz per la formazione dei capillari.
I macchinari per la fisioterapia, basati su questi principi, sono stati creati per favorire la rigenerazione dei tessuti molli e la tecnologia ad ultrasuoni è comunemente usata per pulire arterie intasate e disintegrare calcoli renali. Inoltre, da anni, si sa che piazzare una bobina elettrica attorno ad una frattura che non si ricompone aiuta l'osso a crescere e a rigenerarsi.
Lo stesso effetto si rispecchia nella persona che riceve un trattamento reiki e Dott. Becker ritiene che sia questo effetto, più di ogni altro che regola la rigenerazione dalle ferite e il riequilibrio dell'intero sistema. Ciò evidenzia una delle caratteristiche speciali del Reiki (e terapie simili) che lo rendono particolarmente efficiente, vale a dire il fatto che sia il praticante che il ricevente beneficiano del trattamento. Il Dott.Becker spiega come le onde cerebrali non siano confinate al cervello ma viaggino in tutto il corpo attraverso il sistema perineurale, costituito dalle guaine dei tessuti connettivi che circondano tutti i nervi. Nel corso di un trattamento, queste onde iniziano come pulsazioni relativamente deboli nel talamo del cervello del praticante e accumulano forza mentre fluiscono ai nervi periferici del corpo, incluse le mani. È interessante notare che il Dott. Becker basò il proprio studio su un campione di soggetti di diverse culture e indipendentemente dai loro sistemi di credenze o usanze e tutti i test portarono ai medesimi risultati.
Una parte della crescente popolarità del Reiki, anche fra gli studiosi, sta nel fatto che non impone un set di credenze e può essere liberamente utilizzato da persone di ogni cultura, formazione e fede; inoltre è ormai comprovata la sua efficacia nel rilassamento e in analgesia. Questa efficacia associata alla neutralità lo rende particolarmente appropriato anche per l'uso in ambito medico come già succede anche in Italia, tipo l'OSPEDALE SAN RAFFAELE di Milano, alcune ASL della toscana e dell'Umbria etc. In molti ospedali del mondo e' stato dimostrato come il Reiki sia efficace nelle terapie del dolore, nell'assistenza pre e post operatoria, durante i trattamenti chemio e radioterapici del malato oncologico. E' stato dimostrato come lo stato di rilassamento mentale che un ciclo di Reiki produce dura per piu' settimane ed e' in grado di alleviare sintomi fisici quali dispnea, astenia nausea e stati psichici quali ansia, insonnia, depressione.
http://www.guarigione-reiki.biz/p/la-scienza-spiega-gli-effetti-del-reiki.html?m=1
http://www.reikimaestrousui.it/medicina_ufficiale_e_reiki.php
Approfondimenti sul Reiki e sul suo utilizzo all'interno delle strutture sanitarie pubbliche e private
Perché è importante
È importante perché il Reiki è stato oggetto di sperimentazioni scientifiche ed i RISULTATI DELLE RICERCHE,
COORDINATE DA MEDICI INTERNISTI, NEUROLOGI, IMMUNOLOGI, PSICOLOGI, ONCOLOGI, CARDIOLOGI, DOCENTI DI UNIVERSITÀ DI MEDICINA. RICERCHE EFFETTUATE IN DIVERSI CENTRI ( come il C.O.E.S. , il C.S.P.O. =Centro Studio per la Prevenzione Oncologica, il R.E.F. e l'I.R.E. ) E OSPEDALI D'ITALIA PER VERIFICARE L'EFFICACIA DEL REIKI IN AMBITO TERAPEUTICO,
CONFERMANO STRAORDINARI RISULTATI A SEGUITO DEI TRATTAMENTI SUI PAZIENTI:
- la riduzione dell'intensità del dolore- la riduzione del numero di attacchi- diminuzione dei giorni di malattia e convalescenza
- diminuzione del consumo di medicinali e analgesici
- diminuzione degli stati depressivi
- maggior serenità
- sostegno e ricarica energetica
- miglior qualità della vita
- minor uso di farmaci antidolorifici
- degenze ospedaliere più brevi
- riduzione del senso di impotenza
- riduzione della stanchezza fisica ed emotiva
- risulta assolutamente privo di tossicità o effetti collaterali.
- i benefici apportati da un ciclo di 8 sedute settimanali di Reiki perdurano per almeno 6 mesi dalla conclusione del ciclo stesso.
- miglioramento della qualità del sonno
- miglioramento / aiuto psicologico nell’affrontare l’iter di terapie, negli stati d’ansia e depressione, sia come supporto integrativo alla terapia del dolore
- maggior rilassamento e minor paura dell’intervento influendo positivamente anche sull’anestesia
- regressione da infezioni oltre l'80% in pazienti trattati con il Reiki contro il 20% di regressione spontanea da infezioni in pazienti non trattati con il Reiki.
- diminuzione dei casi di depressione post-operatoria.
- diminuzione dei pazienti con dolori post-operatori o debolezza
- meno casi di rigetto dell’organo in pazienti trapiantati *
- miglioramento delle funzioni della milza, del sistema immunitario, del sistema nervoso, in pazienti con malattie croniche come la sclerosi multipla, il lupus, la fibromalgia e lo struma tiroideo *
- diminuzione ed eliminazione di ansia e depressione
- effetti fisiologici misurabili su emoglobina ed ematocrito *
SUI PAZIENTI ONCOLOGICI in un primo studio pilota effettuato al C.O.E.S., il centro oncologico di Torino "le Molinette”.
Il risultato è sorprendente: il 98% delle persone trattate con il Reiki ha dichiarato di averne tratto benefici psicofisici.
Le sensazioni descritte sono di un sensibile calo dell’ansia soppiantata da un effetto di rilassamento generale, accompagnato da una piacevole sensazione di calore e da un notevole miglioramento dell’umore.
Visto il successo, il progetto è stato rinnovato.
Ulteriori ed altrettanto positivi sono stati i risultati ottenuti, pubblicati dall’American Journal of Hospice and Palliative Medicine e negli atti del XII National Congress of Medical Oncology tenutosi a Roma nel Novembre 2010.
www.unoinfinito.com
https://secure.avaaz.org/it/petition/Ministro_della_sanita_Introdurre_il_Reiki_in_Ospedali_e_affiancarlo_alle_cure_ufficiali_in_Italia/?pv=3&fb_action_ids=10200988578073190&fb_action_types=avaaz-org%3AsubscribeCOORDINATE DA MEDICI INTERNISTI, NEUROLOGI, IMMUNOLOGI, PSICOLOGI, ONCOLOGI, CARDIOLOGI, DOCENTI DI UNIVERSITÀ DI MEDICINA. RICERCHE EFFETTUATE IN DIVERSI CENTRI ( come il C.O.E.S. , il C.S.P.O. =Centro Studio per la Prevenzione Oncologica, il R.E.F. e l'I.R.E. ) E OSPEDALI D'ITALIA PER VERIFICARE L'EFFICACIA DEL REIKI IN AMBITO TERAPEUTICO,
CONFERMANO STRAORDINARI RISULTATI A SEGUITO DEI TRATTAMENTI SUI PAZIENTI:
- la riduzione dell'intensità del dolore- la riduzione del numero di attacchi- diminuzione dei giorni di malattia e convalescenza
- diminuzione del consumo di medicinali e analgesici
- diminuzione degli stati depressivi
- maggior serenità
- sostegno e ricarica energetica
- miglior qualità della vita
- minor uso di farmaci antidolorifici
- degenze ospedaliere più brevi
- riduzione del senso di impotenza
- riduzione della stanchezza fisica ed emotiva
- risulta assolutamente privo di tossicità o effetti collaterali.
- i benefici apportati da un ciclo di 8 sedute settimanali di Reiki perdurano per almeno 6 mesi dalla conclusione del ciclo stesso.
- miglioramento della qualità del sonno
- miglioramento / aiuto psicologico nell’affrontare l’iter di terapie, negli stati d’ansia e depressione, sia come supporto integrativo alla terapia del dolore
- maggior rilassamento e minor paura dell’intervento influendo positivamente anche sull’anestesia
- regressione da infezioni oltre l'80% in pazienti trattati con il Reiki contro il 20% di regressione spontanea da infezioni in pazienti non trattati con il Reiki.
- diminuzione dei casi di depressione post-operatoria.
- diminuzione dei pazienti con dolori post-operatori o debolezza
- meno casi di rigetto dell’organo in pazienti trapiantati *
- miglioramento delle funzioni della milza, del sistema immunitario, del sistema nervoso, in pazienti con malattie croniche come la sclerosi multipla, il lupus, la fibromalgia e lo struma tiroideo *
- diminuzione ed eliminazione di ansia e depressione
- effetti fisiologici misurabili su emoglobina ed ematocrito *
SUI PAZIENTI ONCOLOGICI in un primo studio pilota effettuato al C.O.E.S., il centro oncologico di Torino "le Molinette”.
Il risultato è sorprendente: il 98% delle persone trattate con il Reiki ha dichiarato di averne tratto benefici psicofisici.
Le sensazioni descritte sono di un sensibile calo dell’ansia soppiantata da un effetto di rilassamento generale, accompagnato da una piacevole sensazione di calore e da un notevole miglioramento dell’umore.
Visto il successo, il progetto è stato rinnovato.
Ulteriori ed altrettanto positivi sono stati i risultati ottenuti, pubblicati dall’American Journal of Hospice and Palliative Medicine e negli atti del XII National Congress of Medical Oncology tenutosi a Roma nel Novembre 2010.
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Il mio percorso con il Reiki comincia nel 2008, percorso che "non casualmente" ho intrapreso quando decisi di prendere il primo livello. Da subito ho potuto constatare la sua meravigliosa energia e come essa opera donando intuizioni, nuove prospettive di vita, visioni e consapevolezza non solo a me, ma anche alle persone che attraverso di me venivano trattate con il Reiki. Nel 2010 presi il secondo livello, e con esso ho costatato in che modo questa meravigliosa energia si manifestasse più palesemente nella mia vita e in quella delle persone che ne vengono a contatto, tanto che oggi so di essere pronta per divenire a mia volta Master Reiki.
E' importante sottolineare che le esperienze con il Reiki, non sono per tutti uguali, ed ho constatato di persona come per ciascun essere esso agisca li dove occorre, sia a livello fisico, psichico, emozionale e spirituale, questioni queste che tratterò in un'altro articolo dove descriverò le esperienze a cui ho preso parte durante i trattamenti. A scanso di equivoci, voglio precisare che le mie parole non vanno interpretate come se io stessi affermando che ho chissà quali poteri che manifesto durante i trattamenti Reiki, ne che tale pratica debba essere intesa in sostituzione della medicina ufficiale, ma bensì intrapresa in sinergia con le terapie mediche al fine di aumentare il potenziale di guarigione di chi soffre: a questo proposito più avanti troverete un elenco degli ospedali sparsi nel mondo in cui questa pratica è entrata a farne parte. Per una maggiore comprensione intanto spiego più nel dettaglio cosa si intende con il termine Reiki, rifacendomi al libro "Il Grande Manuale del Reiki" (U. Carmignani, A.Magnoni, S.Oggioni).

"L'ideogramma Reiki si può interpretare secondo differenti punti di vista. Una prima prospettiva lo vede come simbolo del Macrocosmo, ossia una dimensione universale assimilabile al Tao. Una seconda chiave di lettura lo vede come simbolo del Microcosmo, ossia la dimensione della natura e dell'uomo. Nel vuoto biancore, nello spazio eterno e infinito la prima pennellata, il primo segno simboleggia la nascita del Cielo, il Principio Creatore, l'Uno.
E' questa la Dimensione del Macrocosmo, la Creazione dell'Universo, del Tempo e dello Spazio, da parte di un Potere Soprannaturale.
In questo Cielo si muovono le nebulose, le galassie, ma anche le nuvole, le stagioni, le esistenze, le emozioni, non pensieri, gli stati d'animo. Dall'Uno nasce il Due, la polarità, l'aspetto duale della Luce e della Realtà.
Un tratto centrale, verticale, l'Energia creatrice, lo Spirito aleggia sulle acque. Nel Microcosmo il lento addentrarsi di nubi origina la pioggia, un tuono, forse un lampo e l'energia del Cielo discende sulla terra in forma di piccole gocce di acqua.
Il Due si manifesta come il Tre. Lo Spirito scende sulla materia, la permea di sé, la pervade e la anima. E giù sulla terra, tre bocche (il Tre, ossia la Vita) si aprono per ricevere la poggia, corolle di fiori, campi riarsi, bocche di uomini stupiti, bocche di animali assetati, bocche parlano al cielo per ringraziare Dio dei doni dello Spirito, bocche si aprono alla preghiera.
L'ultima parte dell'ideogramma Rei rappresenta uomini e donne posti tra Cielo e Terra, per essere tramiti e partecipi attraverso la loro vita. Uomini e Donne vivono, danzano, pregano, ringraziano, costruiscono un tempio, il tempio del corpo e dell'esistenza. la Vita genera l'Uomo, la Donna e i Diecimila Esseri.
Tao, infinito, vuoto, Dio, Energia, Cielo, Nuvole, Pioggia, Uomini e Donne, Esseri Viventi...L'ideogramma REI è completato, l'immagine evoca un Macrocosmo permeato di forza creatrice e nello stesso tempo, come un dipinto, un microcosmo di creatur che attendono lapioggia come la più grande delle benedizioni e guardano al cielo con timore e trepidazione.

Ma è anche un seme, un piccolo chicco di riso, una ghiandola che racchiude la quercia e simboleggia la nostra vera vita, la realizzazione delle nostre potenzialità. Il Ki è dunque l'Essenza stessa della vita, la Materia che costituisce l'Universo, la Forza Vitale che dall'interno anima gli esseri e li sospinge verso il compimento del loro destino. REIKI significa dunque nutrire il seme della nostra essenza con la pura energia dello Spirito, perchè la nostra vita possa germogliare, radicarsi e crescere in forza e grandezza."
I Fondamenti Scientifici del REIKI
Un'altro interessante punto di vista sul Reiki, lo trovate su questo articolo che gentilmente la mia amica Angela Chiumenti, (reikista anche lei e futura operatrice volontaria presso le strutture sanitarie a cui si è proposta) mi ha messo a disposizione. Questo articolo mette in correlazione il Reiki e le recenti scoperte della fisica. Non che il Reiki a mio avviso ne abbia bisogno al fine di convincere le persone che effettivamente funziona come tecnica "dolce" nel trattamento di supporto e come tecnica integrativa nella terapia del dolore sia in generale che nello specifico, ma solo per evidenziare come anche alcune scoperte della fisica, sembrino collimare con i principi del Reiki (come è anche riportato sopra "...l'atomo, il costituente base della materia, vorticante di energia, con il suo nucleo e i suoi elettroni".).
"Le scoperte della fisica del ventesimo secolo hanno profondamente cambiato la visione della realtà aturale. La teoria della relatività di Einstein ha dimostrato che la materia è una forma di energia e la meccanica quantistica ne ha evidenziato la natura "ondulatoria". Per esempio l'atomo può essere descritto come un sistema formato da onde recanti energia ed "informazione": a questo livello la natura rivela la sua intima intelligenza. Oggi sappiamo che l'attività mentale è dovuta a processi chimici e fisici che avvengono nel cervello e nel sistema nervoso, a livello molecolare, atomico e forse anche subatomico, cioè a livelli descritti dalla meccanica quantistica. Le teorie più recenti della fisica intendono dimostrare che le quattro forze fondamentali (gravitazionale, elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole) sono aspetti di un solo "campo unificato", come era già stato ipotizzato da Einstein. Quindi è ragionevole cercare la relazione tra la mente dell'uomo ed il campo unificato, che è l'ambito fondamentale in cui avvengono i fenomeni quantistici..
Il corpo umano - inteso in senso olistico come un tutt'uno costituito da corpo e mente - è raffigurabile - e comprensibile - come un insieme di energie con frequenze vibrazionali ben precise e “funziona” in maniera normale e fisiologica fino a quando l'interscambio di informazioni tra le diverse frequenze vibrazionali resta invariato nel suo contesto naturale. IlReiki si ispira al modello energetico della fisica quantistica che considera il corpo non solo nella sua materialità fisica o chimica, ma come Energia Vitale che si esprime biologicamente nelle reazioni biochimiche e biofisiche che avvengono nelle cellule.
Nella tecnica del Reiki, poiché siamo esseri energetici in un universo fatto di energia, l'operatore Reiki capta le onde elettromagnetiche presenti nell'aria (tutte, di ogni frequenza) come se lui stesso fosse un'antenna e le trasforma nella frequenza più affine a quella umana, adatta cioè ad essere assimilata. Le mani di un reikista irradiano infrarossi in quantità maggiore rispetto ad un non reiksta: non si vedrà sulle mani luce visibile (riferimento alla “Legge della fotoluminescenza” - che indica l'insieme dei processi grazie ai quali determinate sostanze assorbono, sotto l'effetto di una radiazione elettromagnetica incidente, fotoni per poi riemetterli esse stesse in tutte le direzioni) ma verranno percepiti sotto forma di calore dalla persona “trattata”. Aprendo una parentesi sugli infrarossipossiamo ricordare che da oltre vent'anni in occidente “la luce che cura” è alla base delleterapie fisioterapiche ad infrarossi che utilizzano vari tipi di macchinari radianti raggi infrarossi alla frequenza adatta al corpo umano, quindi facilmente assimilabili e direzionabili. I primi impieghi si sono visti con successo sull'apparato scheletrico e muscolare, per facilitare il saldarsi di fratture e micro lesioni che non trovavano altra soluzione attraverso le terapie convenzionali o come terapia del dolore e delle infiammazioni.
Ad oggi, non ci sono ospedali o centri riabilitativi che non pratichino la terapia ad infrarossi. L’energia calda degli infrarossi può essere “fotografata” e registrato dalle più moderne strumentazioni mediche utilizzate in campo diagnostico per capire dove e se esista una disfunzione: gli apparecchi rilevatori di infrarossi indicano, ad esempio, una cattiva circolazione del sangue. Gli apparecchi scientifici emettitori di infrarossi a scopo terapeutico fanno quello che il reikista fa con le sue mani, cioè trasformano l'energia (elettrica per le macchine) in raggi infrarossi. Esistono in commercio anche strumentazioni ad uso privato, per ogni scopo o patologia, poiché ciascun organo del corpo necessita di una frequenza infrarossa differente; ad es. strumenti per rivitalizzare l'epidermide e favorire l'assorbimento di alcuni principi attivi, oppure stick infrarossi contro l'herpes labiale. Il Reiki è invece biocompatibile per natura e non presenta difficoltà di utilizzo. Si possono condividere alcuni principi fondamentali del “trattamento” Reiki, inserendoli nella prospettiva della medicina energetica. L’Energia Reiki si traduce in Effetto Fisico, non Effetto Placebo. Quando un paziente o il medico stesso crede fortemente che un trattamento gioverà, proprio quella convinzione può creare un favorevole cambiamento fisico: questo fenomeno – effetto placebo – non deve essere confuso con il successo ottenuto tramite trattamentiReiki. Krinsley D. Bengston, , ha constatato nei suoi esperimenti attenti e differenziati un87,9% di pieno successo dopo trattamenti Reiki offerti. Lo stesso Bengston affermerà: "I risultati del mio accurato lavoro sono entusiasmanti: i trattamenti Reiki non hanno nulla a che fare con l’effetto placebo, si riscontra piuttosto un responso diretto e rimarchevole utilizzando l’energia sprigionata attraverso le mani dell’operatore (…)".
(Krinsley D. Bengston – The Effect of the Laying On of Hands , Journal of Science Exploration,
2000)
Reiki produce onde elettriche e magnetiche che possono essere misurate: certificazioni, elaborati, testi specifici ne testimoniano gli effetti indiscutibili. Il Dr. James L. Oschman, uno fra i più autorevoli scienziati di medicina energetica dichiara: “..noi stessi siamo energia elettrica e magnetica...possiamo misurarlo, e saperne di più sulla nostra condizione(…)”. Gli effetti dei campi magnetici appartengono all’intero sistema vivente, e possono essere evidenziati da strumentazioni magnetonometre e lo SQUID (superconducting quantum interference device).
(James L.Oschmann – Energy Medicine: The Scientific Basis / Energy Medicine in Therapeutics and
Human Performance)
La misurazione di campi biomagnetici è stata argomento emergente parallelamente all’avvento della fisica quantistica. In occidente prevale un orientamento “tecnologico” sia per diagnosi che per trattamenti: risonanze magnetiche, pacemaker, defibrillatori, laser e altro. Elettrocardiogramma ed encefalogramma sono utilizzati da quasi un secolo, dunque l’approdo a risposte biomagnetiche ci appartengono ormai da molto tempo. Negli anni ’70 ogni ricerca a tale proposito ha condotto ad una affermazione inconfutabile: si possono stimolare processi di crescita e di risanamento. Nelle fratture ossee, ad esempio, la terapia elettromagnetica registra pieno successo: il range di frequenza necessario è di 7 Hz. Gliimpulsi magnetici registrati dalle mani degli operatori Reiki sono parimenti comprovati, livelli elettromagnetici di bassa frequenza: 2 cicli al secondo (Hz) per rigenerazione nervina, 7 Hz per la ricrescita ossea, 10 Hz per rigenerazione dei legamenti e 15 Hz per formazione capillare. Gli operatori Reiki descrivono tali impulsi come “una canalizzazione” di Energia Universale: per meglio dire i reikisti sono conduttori di ‘frequenze universali’ che utilizzano per stimolare l’autoguarigione e per armonizzare.
(Tamisha Sabrina – The Science Behind Reiki: What Happens in a Treatment – The UK Reiki
Federation)

Sono sempre più convinta che il Reiki sarà destinato a svolgere un ruolo importante all'interno delle strutture sanitarie grazie alla sua efficacia sempre più riconosciuta, agli operatori non volontari e all'opera di tanti operatori volontari che vogliono dedicarsi ad aiutare chi soffre. I trattamenti Reiki hanno dei costi che variano a seconda della coscienza dell'operatore.
Il primo reparto di ospedale in cui si inizia a utilizzare il Reiki è spesso, non a caso, quello dioncologia. Di seguito ho riportato qualche esempio di ospedale che utilizza il Reiki a questo scopo, in Italia e nel mondo. Iniziamo intanto con un' intervista della Dott.ssa E. Cofrancesco che scrive su Riza Scienze di gennaio 2002 (pag 46):
"Reiki affianca le terapie convenzionali in numerosi centri ospedalieri di tutto il mondo. Trattandosi di una tecnica "dolce" di distensione e analgesia e presentando il vantaggio di essere a basso costo, facilmente riproducibile ed alla portata di tutti, si presta molto bene come trattamento di supporto e integrativo nella terapia del dolore del malato cronico(artritico, artrosico, fibromialgico), nel male di schiena (back pain), nella cefalea e nel malato oncologico. Nel malato oncologico si è dimostrato utile come trattamento palliativo anche durante i cicli di radioterapia e chemioterapia nel controllo dei sintomi collaterali (sispnea, nausea, vomito, dolori addominali, diarrea). Per lo stato profondo di rilassamento che può indurre, associato ad uno stato di coscienza di tipo meditativo, Reiki può essere di aiuto e di sostegno psicologico anche nell'ammalato terminale. Presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center a New York è utilizzato tra le tecniche palliative individuali di sostegno almalato oncologico, inclusi i pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo. A Milano, presso il Centro di Medicina Psicosomatica dell'Ospedale S. Carlo Borromeo, Reiki è utilizzato cometecnica integrativa di rilassamento e analgesia in pazienti affetti da emicrania.
Così pure è segnalato l'uso di Reiki in numerosi altri centri, come il California Pacific Medical Center (CA), il Portsmouth Regional Hospital (NY), il Marin General Hospital a nord di S. Francisco (CA) e molti altri. In questi centri, statunitensi e del Canada, Reiki è utilizzato per lo più dal personale infermieristico e dai fisioterapisti e rientra nel curriculum formativo di queste figure professionali. Inoltre è utilizzato anche da volontari. In questi centri Reiki è utilizzato come un "supplemento" e non come un "sostituto" della terapia convenzionale, e quindi come terapia "complementare" e non come terapia "alternativa" alla terapia ufficiale.Viene utilizzato quindi in pazienti con una diagnosi ben circostanziata e che stanno già ricevendo il trattamento ottimale secondo il sistema medico convenzionale."
ITALIA
In Italia il Reiki viene effettuato ai pazienti secondo tariffario del S.S.N. al Centro di Medicina Psicosomatica dell’Ospedale S. Carlo Borromeo di Milano, all’Ospedale Versilia dell’Azienda Sanitaria della Regione Toscana ed al Policlinico di Roma.
Vi è da segnalare inoltre la significativa esperienza del C.O.E.S. (Centro Oncologico Ematologico Subalpino) dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni Battista di Torino Ospedale Molinette.
Qui dal 2003 un progetto pilota sta svolgendo un’indagine, in collaborazione con il personale medico, sull’efficienza dei trattamenti Reiki nell’accompagnare dei malati oncologici nel corso delle diverse fasi della malattia. Il paziente è seguito da un’equipe composta di differenti figure professonali: un medico, uno psicologo, il personale infermieristico, gli operatori Reiki dell’associazione Cerchio di Luce.
Il progetto sta incontrando un vasto consenso fra i pazienti e dal 2005 i trattamenti di Reiki sono inseriti nella Guida ai servizi aziendali e territoriali COES e sul sito ufficiale reteoncologicapiemontese.it dell’Ospedale Molinette di Torino.
Qui di seguito uno stralcio dall’articolo, che parla dei risulati raggiunti al termine della prima fase di sperimentazione (visto il successo il progetto è stato rinnovato), apparso il 2 febbraio 2007 nella cronaca di Torino di “La Repubblica”:
“(…) Dall’esperienza di altri paesi nel mondo, [il reiki] è arrivato negli ospedali ache in Italia ed è stato sperimentato tra i pazienti oncologici in un primo studio pilota effettuato al Coes, il centro oncologico delle Molinette. Il risultato è a dir poco sorprendente: il 98 per cento delle persone trattate con il Reiki ha dichiarato di averne tratto un beneficio psicofisico.
La sensazione descritta è di un sensibile calo dell’ansia soppiantata da un effetto di rilassamento generale, accompagnato da una piacevole sensazione di calore e da un notevole miglioramento dell’umore. In una piccola percentuale (il 10 per cento) i pazienti hanno dichiarato di aver avvertito anche una riduzione del dolore. (…)”.
Nella stessa data anche Torno Cronaca e La Stampa ne hanno parlato. Quest’ultima specifca che:
“Lo studio effettuato sull’efficacia del Reiki (…) in integrazione alle terapie dei pazienti con neoplasie avanzate rivela che i 94 trattamenti esegiti hanno portato beneficio nel 98% dei casi. Il benessere è prodotto da un effetto di rilassamento, accompagnato da una piacevole sensazione di calore e da un notevole miglioramento dell’umore: lo stato emotivo di tranquillità in alcuni casi si protrae anche per alcuni giorni dopo il trattamento. (…). Alcuni pazienti hanno riferito di aver notato un miglioramento della qualità del sonno. (…)”
Da notare che i risultati di ci sopra sono stati raggiunti con soli quattro trattamenti di Reiki per paziente.
Nel Reparto Oncologico dell’ospedale Cardinal Massaja di Asti è stata avviata nel 2008 una ricerca scientifica (approvata dal Comitato etico di Alessandria) sulla valenza dei trattamenti reiki per gli ammalati sottoposti a chemio o radioterapia. Da notare che il reparto, diretto dal primario Franco Testore, ha ottenuto, sesto in Italia, l’accreditamento all’eccellenza ed è stato segnalato tra i 5 migliori del paese per l’umanizzazione delle cure.
BRASILE
Estratto da un aricolo di Lorraine Rossignol “La città dell’utopia” pubblicato su Le Monde, ottobre 2004 e riguardante Altinopolis, città brasiliana dello stato di Sao Paulo:
L’ospedale di Altinopolis presenta cifre stupefacenti: dall’elezione del nuovo sindaco, Dott. Ernani, il numero di bambini morti alla nascita è sceso a 3 ogni mille abitanti (mentre è il 30 per mille in Brasile e il 5 per mille in Europa, secondo l’Istituto brasiliano di statistica e secondo l’Organizzazione mondiale della sanità). (…)
Il programma “Salute nella famiglia” ha portato con sé una piccola rivoluzione. Fondato su una logica preventiva rigorosa, si basa sul ricorso sistematico e gratuito, oltre che alla medicina occidentale, anche alle medicine orientali o alternative come agopuntura, reiki, auricoloterapia e massoterapia. E tutto il personale medico della città ha ricevuto una formazione idonea.
Non stupisce che in queste condizioni il numero di bambini malati che devono passare la notte in ospedale sia nettamente diminuito. Quest’approccio alla salute comincia a essere imitato anche nelle città vicine, come Ituveraba e Sao Joaquim de Barra.
SVIZZERA
In Svizzera alcune assicurazioni e casse mutualistiche rimborsano i trattamenti di Reiki. Ecco una lista:
Groupe Mutuel (5, rue du Nord 1920 Martigny Tel. 0848 803 111), gruppo che comprende 15 assicurazioni diverse, che per brevità non sono qui elencate.
Intras (Direction Générale 10, rue Blavignac 1227 Carouge Tel. 022 8279292)
Swica (39, Boulevard de Grancy 1006 Losanna Tel. 02116130404)
La Caisse Vaudoise (11, rue de Carojine CP 288 1001 Losanna Tél. 021 3482511)
Supra (35, Chemin de Primerose 1000 Losanna 3 Cour Tél. 021 6145454)
U.S.A.
Memorial Sloan-kettering Cancer Center – New York – L’ospedale propone il Reiki come terapia individuale per i degenti, a richiesta di questi ultimi. Nell’ospedale inoltre ci sono 6 dottori e 25 infermiere che usano Reiki. I corsi sono stati tenuti da Marylin Vega, che esegue trattamenti di Reiki ai malati, inclusi malati di cancro e trapiantati ai reni.
Manhattan Eye, Ear and Throat Hospital – New York-Marylin Vega esegue trattamenti Reiki pre/post operazione e a malati di ogni genere.
Women&Infant Hospital – Providence, Rhode Island.
Reiki Clinic nel Dipartimento di Oncologia, gestita da Ava Wolf e Janet Wing.001 401-727-3034- awawolf@home.com
Rhode Island State Nurse’s Association – Al suo interno si effettuano training di Reiki per infermieri. La formazione è gestita da Ava Wolf e Janet Wing – 001 401-727-3034 –awawolf@home.com
Tucson Medical Center (TMC) – Arizona -Dal 1995 si eseguono trattamenti Reiki ai pazienti nei loro letti, per opera di volontari. Il Reiki si è diffuso prima in Oncologia, e poi gradualmente anche negli altri reparti. -Programma gestito da Sally Soderlund, infermiera, Support Service Coordinator for Oncology (001 520 3242900).
Portsmouth Regional Hospital – New Hampshire Reiki offerto sistematicamente come servizio per i pazienti del reparto di Chirurgia dell’ospedale, da parte dei 20 membri formati al Reiki. Più di 400 pazienti hanno ricevuto trattamenti pre o post operazione dal 1997 ad oggi. Programma gestito da Patricia Alandydy, infermiera, Assistand Director of Surgical Service.Patricia: 001 603 433 5175
California Pacific Medical Center – North California – E’ uno dei più grandi ospedali della California. Al suo interno usa molte medicine complementari, tra cui Reiki. Programma gestito da due medici, Dr. Mike Cantwell e Dr. Amy Saltzman con successo: la lista di attesa è spesso sopra i 100 pazienti. I pazienti che reagiscono bene ai trattamenti di Reiki partecipano ad un corso di Reiki in modo da continuare ad auto-trattarsi, liberando il personale interno all’ospedale che può così trattarne altri. Dr. Cantwell: 001 415 923 3503 University of Michigan Medical School
Mary Lee Radka, infermiera, gestisce i corsi di Reiki all’interno dell’ospedale destinati a infermieri ed allo staff ospedaliero. Nell’ospedale è usato il Reiki, tra l’altro anche nel pronto soccorso.
Ospedali del New England (USA)
Più di una dozzina di ospedali della regione hanno formato il loro staff al Reiki e lo applicano come cura complementare. Libby Barnett e Maggie Chambers sono i Reiki Masters: 001 603 654 2787.
Columbian Presbyterian Medical Center – New York
Dr. Mehmet Oz, noto cardiochirurgo, si fa aiutare da Julie Motz (operatore Reiki) durante le operazioni a cuore aperto ed i trapianti di cuore con ottimi risultati sul decorso post-operatorio.
Marin General Hospital – Marin, California
Julie Motz (operatore Reiki) ha sperimentato Reiki durante le operazioni (ad. es. mastectomia) con ottimi risultati.
Albert Einstein Healtcare Network – Philadelphia
True Gala conduce ricerche scientifiche sull’efficacia del Reiki in casi di AIDS avanzato.trueg@aehn2.einstein.edu
Dana-Farber Cancer Institute – Boston- Le cure complementari (CAM), tra cui Reiki, sono state integrate alle normali cure oncologiche. Conduce ricerche scientifiche sull’efficacia del Reiki ed altre discipline in oncologia. Informazioni sul database del CRISP
Warren Grant Magnuson Clinical Center of the National Institutes of Health (NIH)
Ann Berger, responsabile del Pain and Palliative Care Service (Servizio Dolore e Cure Palliative) dell’ospedale, nel 2000 ha introdotto il Reiki con successo in quest’ambito: Per maggiori informazioni contattare Pamela Miles, che ha scritto un articolo sull’uso del Reiki in questo ospedale. http://www.pamelamilesreiki.com
Harvard Study Unveils What Meditation Literally Does To The Brain
Numerous studies have indicated the many physiological benefits of meditation, and the latest one comes from Harvard University.
An eight week study conducted by Harvard researchers at Massachusetts General Hospital (MGH) determined that meditation literally rebuilds the brains grey matterin just eight weeks. It’s the very first study to document that meditation produces changes over time in the brain’s grey matter. (1)
“Although the practice of meditation is associated with a sense of peacefulness and physical relaxation, practitioners have long claimed that meditation also provides cognitive and psychological benefits that persist throughout the day. This study demonstrates that changes in brain structure may underlie some of these reported improvements and that people are not just feeling better because they are spending time relaxing.” – (1) Sara Lazar of the MGH Psychiatric Neuroimaging Research Program and a Harvard Medical School Instructor in Psychology
The study involved taking magnetic resonance images (MRI) of the brain’s of 16 study participants two weeks prior to participating in the study. MRI images of the participants were also taken after the study was completed.
“The analysis of MR images, which focused on areas where meditation-associated differences were seen in earlier studies, found increased grey-matter density in the hippocampus, known to be important for learning and memory, and in structures associated with self-awareness, compassion and introspection.” (1)
For the study, participants engaged in meditation practices every day for approximately 30 minutes. These practices included focusing on audio recordings for guided meditation, non-judgmental awareness of sensations, feelings and state of mind.
“It is fascinating to see the brain’s plasticity and that, by practicing meditation, we can play an active role in changing the brain and can increase our well-being and quality of life. Other studies in different patient populations have shown that meditation can make significant improvements in a variety of symptoms, and we are now investigating the underlying mechanisms in the brain that facilitate this change.” – (1) Britta Holzel, first author of the paper and a research fellow at MGH and Giessen University in Germany
How To Meditate
A common misconception about meditation is that you have to sit a certain way or do something in particular to achieve the various benefits that it can provide. All you have to do is place yourself in a position that is most comfortable to you. It could be sitting cross legged, lying down in a bed, sitting on a couch etc, it’s your choice.
Another common misconception about meditation is that you have to “try” to empty your mind. One important factor I enjoyed reading from the study mentioned above is that participants were engaged in “non-judgmental awareness of sensations, feelings and state of mind.” When meditating, you shouldn’t try to “empty” your mind. Instead, try to let your thoughts, feelings and whatever emotions you are feeling at the time flow. Don’t judge them, just let them come and go and be at peace with it.
I also believe that meditation is a state of being/mind more than anything else. I feel that one does not have to sit down for half an hour and “meditate” so to speak in order to reap the benefits of it, or to be engaged in the practice itself. One can be engaged in meditation while they are on a walk, for example, or the time they have right before they sleep. Throughout the day, one can resist judging their thoughts, letting them flow until they are no more, or just be in a constant state of peace and self awareness. Contrary to popular belief, there is more than one way to meditate.
“You will have to understand one of the most fundamental things about meditation: that no technique leads to meditation. The old so-called techniques and the new scientific biofeedback techniques are the same as far as meditation is concerned. Meditation is not a byproduct of any technique. Meditation happens beyond mind. No technique can go beyond mind.” – Osho
For more articles from Collective Evolution on meditation you can click HERE.
Sources:
(1) http://news.harvard.edu/gazette/story/2011/01/eight-weeks-to-a-better-brain/
http://www.princeton.edu/~achaney/tmve/wiki100k/docs/Grey_matter.html
Psicosomatica e olismo in ospedale: possibilità, speranza, utopia?
Dott. Luisa Merati (MD), Centro ambulatoriale di Medicina Psicosomatica, Ospedale San Carlo Borromeo, Milano
Pubblicato sugli Atti del XVIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Psicosomatica, Milano, 2001
Chi scrive ha già espresso in comunicazioni portate a precedenti congressi della SIMP la cronistoria dell’ambulatorio di Medicina Psicosomatica dell’Unità Operativa di Medicina Interna Ia, dalla nascita quasi clandestina come “dependance “del Centro Cefalee, dove si trattavano le cefalee con l’analgesia per ipnosi, al suo sviluppo e al riconoscimento come figlio legittimo dell’Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo, figlio legittimo, sì, ma portatore di un gene anomalo, mutante, cioè quello di essere aggregato ad una Unità Operativa di Medicina Interna e non di Psichiatria, e quindi portatore di un handicap che lo emargina sia dagli internisti che dagli psichiatri, ciascuno vedendolo come estraneo al suo mondo.
La responsabile dell’ambulatorio è sia medico internista che psicoterapeuta: e già questo è sempre stato visto e continua a essere visto all’interno dell’Istituzione come una contraddizione di termini: un’internista non può essere psicoterapeuta e viceversa: è una cosa che di per sè non esiste, ciascun termine elide l’altro. All’interno dell’Ospedale l’internista e lo psichiatra fanno parte di due mondi che non possono incontrarsi e integrarsi, possono esserci solo fuggevoli incontri e ‘scontri’ nelle visite di consultazione.
A questo si aggiunga la frammentazione portata dalle specializzazioni e dalle specializzazioni nelle specializzazioni: questo in certi campi è inevitabile e auspicabile (chirurgia, rianimazione, terapie intensive, cardiologia), ma la frammentazione della Medicina Interna in ulteriori specialità, se porta da una parte senza dubbio ad un miglior iter diagnostico e terapeutico, dall’altra inevitabilmente conduce ad una spartizione del paziente “persona” visto dall’occhio del medico specialista solo per quell’organo in questione, e porta ad un succedersi di visite, pareri ed esami, spesso solo per approfondire se il paziente è veramente di competenza di uno specialista o di un altro, con il risultato di inutili esami, ricoveri prolungati, dimissioni e nuovi successivi ricoveri in altri reparti, dunque con il risultato di una sanità non efficiente.
E’ cosa ormai ovvia e arcinota che il paziente in ospedale non è più una persona, ma solo un numero, un organo malato. Questo ha portato a programmi di “umanizzazione” che spesso fanno migliorare l’iconografia e la scenografia degli ambienti, ma non cambiano l’approccio terapeutico: e forse in ospedale questo sembra un destino immutabile, ed è inutile e perfino dannoso cercare di cambiare le cose poichè ciò che conta nell’Ospedale è l’efficienza dei servizi e l’approccio olistico viene per lo più guardato dagli amministrativi come un modello che rallenta l’iter diagnostico e terapeutico. L’approccio psicosomatico/olistico non può esistere per i degenti: il degente solitamente è un malato grave o sospetto tale e a questi l’Ospedale può solo fornire esami e terapie efficaci nel più breve tempo possibile. Forse, al massimo, un’Azienda Ospedaliera, per rispettare il bilancio costi/prestazioni, può permettersi solo una struttura come l’Ambulatorio di Medicina Psicosomatica, proiettata all’esterno e dedicata a pazienti ambulatoriali inviati dai colleghi che lavorano sul territorio.
D’altro canto, le indicazioni e i vantaggi di un approccio olistico/psicosomatico nei pazienti degenti in Ospedali, almeno in alcuni reparti, sarebbero molteplici; basti pensare alla terapia di supporto in oncologia, in gastroenterologia, in pneumologia, in ostetricia e ginecologia, solo per nominare i più ovvi. Questo richiederebbe, però, una collaborazione multidisciplinare, una rete capillare di interventi da parte di una equipe di psicosomatisti, con un discreto dispendio di energie economiche e personali e con un rapporto costi/benefici tutto da verificare.
Altro aspetto da tenere in considerazione è il pericolo dell’equivoco sul concetto di medicina psicosomatica. Probabilmente, in un contesto aziendale e amministrativo, è più facile far passare il concetto di ‘supporto psicologico’ al malato e non quello più vero di ‘modalità di interpretazione del significato profondo della malattia’, lavoro questo lungo e forse inutile, dato la gravità di certi malati, in cui lo stadio della malattia è così avanzato e/o cronico, che non prevede possibilità di regressione se non con le terapiefarmacologiche convenzionali. Tanto più ciò avviene in Medicina, dove l’età dei pazienti è molto più avanzata che negli altri reparti, dove si concentrano le patologie in fase più cronica o in fase terminale, e dove i pazienti spesso non sono in uno stato cognitivo che permetta un approccio cosciente col terapeuta.
E’ quindi proprio impossibile nei reparti di Medicina applicare una terapia olistica ai degenti?
Nei reparti i degenti sono spesso allettati, necessitano di continua assistenza da parte del personale infermieristico e dei fisioterapisti, necessitano di diete particolari. Il medico svolge soprattutto un’attività di supervisione su questo lavoro, passa poco tempo al letto del malato (visita, fa poche e frettolose domande, decide esami e terapia del giorno).
Le persone che hanno più contatto col malato sono gli infermieri, i fisioterapisti, le dietiste, e forse sono queste le figure che potrebbero svolgere un’attività “olistica” sui degenti.
La dieta. Utile sarebbe poter studiare e individuare una dieta per ogni paziente, in cui ogni cibo, rivestendo un particolare significato simbolico per quel paziente, possa alleviare i suoi sintomi, cioè la dieta curativa in sè attraverso il significato simbolico che il paziente dà a quel cibo o attraverso il significato simbolico che il cibo ha di per sè: il cibo come un farmaco: il cibo che guarisce attraverso i suoi significati simbolici. A questo proposito mi ricorderò sempre di un paziente operato per cancro della laringe con metastasi all’esofago: non poteva più deglutire, la disfagia sembrava irreversibile, finchè una parente non gli portò della carne di struzzo: non si sa per quale meccanismo curioso, ricominciò a mangiare (forse i poteri “deglutitori” dello struzzo furono assimilati dal paziente?).
Il contatto. Fisioterapisti e infermieri sono coloro che oltre ad avere relazione frequente col paziente ricoverato hanno anche un “contatto” diretto: la manipolazione del paziente è parte integrante ed essenziale del loro lavoro. Gli infermieri non sono solocoloro che somministrano i farmaci, sopperiscono ai bisogni elementari e alle funzioni fisiologiche dei malati, e hanno accesso ravvicinato al corpo del malato, anche più del medico.
In quest’ultimo caso un modo per avvicinare e trattare il degente passerebbe attraverso l’addestramento del personale infermieristico a quelle tecniche chiamate “ touch-therapies”, che attraverso il contatto manuale portano al rilassamento, all’abbandono ad una figura materna rassicurante, al passaggio di calore-energia amorevole, in un vero e proprio maternage.
Tra queste terapie abbiamo individuato come particolarmente interessante il Reiki, una metodologia olistica naturale di antica origine tibetana, ‘dolce’, ma al tempo stesso efficace come tecnica di analgesia e di rilassamento. Reiki, infatti, si è dimostrato efficace nella terapia del dolore di tutti i tipi, compreso quello oncologico, come coadiuvante alla terapia con oppioidi nel malato terminale, nella assistenza pre e postoperatoria, nella riepitelizzazione delle ferite, durante i trattamenti di radioterapia, nelle allergie, nella depressione secondaria. Nel malato oncologico si è dimostrato utile come trattamento palliativo anche durante i cicli di chemioterapia per il controllo dei sintomi collaterali. Per lo stato di profondo rilassamento che può indurre, associato ad uno stato di coscienza di tipo meditativo, può essere di aiuto e di sostegno psicologico anche nel malato terminale.
Già in numerosi centri degli Stati Uniti e del Canada Reiki è utilizzato per lo più dal personale infermieristico e dai fisioterapisti e rientra nel curriculum formativo di queste figure professionali. In questi centri Reiki è utilizzato come un supplemento della terapia convenzionale quindi come terapia ‘complementare’ e non come terapia ‘alternativa’ alla terapia ufficiale.
L’inserimento quindi delle Terapie del Contatto (touch therapies) nella formazione professionale del personale infermieristico, può fornire un mezzo per valorizzare la professionalità dell'infermiere, migliorare il suo rapporto col paziente, trasformare la ‘manipolazione’ del paziente, componente preponderante del lavoro, ma a volte ruvida e veloce per necessità contingenti, in una vera e propria ‘terapia di contatto’.
Purtroppo ahimè questo non può prescindere dall’eventuale aumento dell’organico del personale infermieristico, tali e tanti sono i compiti dell’infermiere specialmente nei reparti di Medicina Interna in cui i pazienti sono gravissimi, soprattutto se in fase acuta, spesse volte, comunque, allettati da tempo e bisognosi di continua assistenza. Nelle touch therapies, tuttavia, conta non tanto la durata, ma soprattutto la qualità del contatto, e se il contatto trasmette calore, affetto e protezione, ciò è già di per sé terapeutico, ma, per necessità, tale modalità di contatto non può avvenire con un personale stressato da pesanti turni di lavoro e “sotto organico”.
Per concludere, “Psicosomatica e olismo in Ospedale”: si tratta di utopia, speranza o reale possibilità? E’ incoraggiante constatare che, finalmente, anche le Istituzioni hanno cominciato ad interessarsi della qualità della assistenza e alla “professionalizzazione” degli operatori socio-sanitari, basata non solo sul “saper fare”, ma anche sul “saper essere”. Mi riferisco, in particolare al Decreto Ministeriale (27/4/2001) “Istituzione del corso ‘pilota’, a carattere nazionale, di alta qualificazione teorico-pratica in cure palliative”, che prevede, tra le terapie palliative del dolore e dei sintomi collaterali delle chemio e radioterapie nel malato oncologico, anche l’utilizzo di Terapie Complementari, ed, in particolare, Touch Therapy (per l’appunto le Terapie del Contatto), arteterapia, terapia occupazionale e fisiomotricità.
Anche il recentissimo Piano Socio Sanitario Regionale 2002-04 della Regione Lombardia ha posto l’accento sulla valorizzazione e responsabilizzazione delle risorse umane da cui dipende la qualità dei servizi assistenziali offerti. In particolare il Piano Regionale intende promuovere la formazione di operatori socio-sanitari, medici e non medici, con elevato standard di empatia/umanizzazione e preparati/formati alla cura del malato cronico, disabile, anziano, e terminale.
http://www.associazioneref.org/index.asp?id_art=188&id_tit=1
L' ospedale di Pitigliano offre cure alternative
A Pitigliano il primo ospedale in Italia in cui le cure "alternative" vengono proposte al pari di quelle convenzionali.
Nella foto: Il team di cure alternative dell'ospedale
Questo permetterà anche una sorta di prima statistica sugli effetti di tali terapie. Non so quanto possa essere considerato "monitoraggio", ma certamente è un passo avanti: al di là degli intenti sotterranei, le forze dell'ostacolo devono concedere degli spazi: e le coscienze sveglie li utilizzano velocemente per trasformarli in vere e proprie strade verso la luce.
Il link è su un articolo del Corriere, ma l'ospedale ha anche una pagina Facebook.
Ecco la pagina FB dell'ospedale https://www.facebook.com/pages/Pitigliano-primo-ospedale-di-medicina-integrata/205287956154253
PAZIENTI SARANNO CURATI SIA CON LA MEDICINA TRADIZIONALE CHE CON QUELLA «ALTERNATIVA»
Medicina complementare: in Toscana
il primo ospedale «integrato»
Sarà inaugurato a Pitignano, in provincia di Grosseto, a fine giugno. Avrà tre reparti
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A MIlano primo centro di ricerca italiano sull'osteopatia
L'ospedale di Pitigliano, in provincia di Grosseto, sarà il primo a praticare in Italia la medicina «integrata»
PITIGLIANO (GROSSETO) – L’appuntamento è per fine giugno. Parola di funzionari e amministratori regionali che sul piccolo ospedale di Pitigliano, colline del tufo in provincia di Grosseto, hanno scommesso un pezzo di futuro della sanità toscana e italiana. Il «Petruccioli», tre reparti (medicina generale, day surgery, pronto soccorso) e ambulatori, quindici medici, sarà il primo nosocomio europeo di «medicina integrata», ovvero curerà i pazienti alternando, secondo le esigenze, le cure tradizionali a quelle complementari, come omeopatia, agopuntura e fitoterapia e discipline bionaturali come yoga, shiatsu e suono-terapia. L’annuncio è stato dato durante un convegno organizzato nella «Piccola Gerusalemme» (così è stata ribattezzata Pitigliano per la sua cultura ebraica e la bellezza del paese scavato nel tufo) al quale hanno partecipato medici tradizionali e «complementari» nonchè amministratori.
FINANZIAMENTI - Il progetto ha già ottenuto un primo finanziamento della Regione Toscana di circa 1,3 milioni di euro. A Pitigliano arriveranno alcuni medici specializzati nelle medicine alternative. «Che non opereranno in autonomia – spiega Simonetta Bernardini, pediatra e presidente della Società italiana omeopatia e medicina integrata, la responsabile del progetto – ma in perfetta integrazione con gli altri colleghi. E per ogni caso potranno scegliere, ascoltato il paziente, le cure migliori, alternando e integrando le medicine tradizionali e complementari». Una rivoluzione, che potrebbe far superare anni di polemiche e incomprensioni tra la stessa categoria medica da sempre divisa su omeopatia, fitoterapia e agopuntura. «Ogni paziente potrà scegliere la cura preferita senza spendere una lira – spiega Fabio Roggiolani, presidente della Commissione sanità della Regione Toscana -. Un esempio? Se all’ospedale di Pitigliano sarà ricoverata una donna incinta con il bambino in posizione podalica, si potrà decidere con il suo consenso, se provare a risolvere il problema utilizzando tecniche di agopuntura per far tornare il bambino nella posizione favorevole al parto, prima di arrivare al taglio cesareo».
ACCORDI PROFESSIONALI - La nascita del primo ospedale italiano di medicina integrata segue la legge regionale che ha messo sullo stesso piano le due medicine. Sono stati stipulati accordi con le associazioni professionali. «Gli ordini dei medici, degli odontoiatri, dei farmacisti e dei veterinari – continua Roggiolani - hanno istituito elenchi nei quali si certifica l’attività di quei professionisti che hanno i requisiti per esercitare la medicina complementare». L’ospedale di Pitigliano avrà anche una funzione pedagogica. Qui l’università di Siena organizzerà corsi di specializzazione dedicati ai medici e nascerà su Internet la prima biblioteca italiana dedicata alle medicine complementari. Nel futuro del progetto c’è anche l’impiego di discipline bionaturali, ovvero tutte quelle pratiche legate ai massaggi e alla ginnastica orientali per migliorare la qualità della vita. Tra questa anche la terapia del suono. «Suoni naturali studiati appositamente per rilassare il paziente – spiega Fabio Pianigiani, musicologo, docente all’Università di Siena – e che si integrano perfettamente con la terapia. Ci sono studi scientifici che dimostrano che, musica e suoni ben calibrati, abbattono lo stress e contribuiscono alla guarigione».
http://www.corriere.it/salute/10_marzo_22/primo-ospedale-integrato-medicina-complementare-toscana_83e60c2e-35c7-11df-bb49-00144f02aabe.shtml
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